Sintesi del libro
THE CHINA STUDY
di Colin e Thomas Campbell
Terza edizione del 2016 pubblicata in italiano a giugno 2021
INDICE
INTRODUZIONECAPITOLO 1 – PROBLEMI DA AFFRONTARE, SOLUZIONI DA TROVARE
CAPITOLO 2 – UNA STORIA DI PROTEINE
CAPITOLO 3 – DISINNESCARE IL CANCRO
CAPITOLO 4 – LEZIONI DALLA CINA
CAPITOLO 5 – CUORI SPEZZATI
CAPITOLO 6 – OBESITA’
CAPITOLO 7 – DIABETE’
CAPITOLO 8 – FORME COMUNI DI CANCRO: SENO, PROSTATA, INTESTINO CRASSO (COLON E RETTO)
CAPITOLO 9 – MALATTIE AUTOIMMUNI
CAPITOLO 10 – CONSEGUENZE DI VASTA PORTATA: PATOLOGIE OSSEE, RENALI, OCULARI E CEREBRALI
CAPITOLO 11 – MANGIARE CORRETTAMENTE: OTTO PRINCIPI IN FATTO DI ALIMENTAZIONE E SALUTE
CAPITOLO 12 - COME MANGIARE
CAPITOLO 13 – SCIENZA: IL LATO OSCURO
CAPITOLO 14 – RIDUZIONISMO SCIENTIFICO
CAPITOLO 15 – LA “SCIENZA” DELL’INDUSTRIA
CAPITOLO 16 – GOVERNO: DALLA PARTE DELLA GENTE?
CAPITOLO 17 – BIG MEDECINE: DAVVERO PROTEGGE LA NOSTRA SALUTE?
CAPITOLO 18 – IL MONDO ACCADEMICO
CAPITOLO 19 – STORIE CHE SI RIPETONO
Le imprese produttrici di cibo spazzatura rendono difficile la vita a chi si oppone al consumo di esso.
Molte nozioni che ci sono trasmesse sul cibo, la salute e le malattie sono sbagliate. In realtà:
· la causa principale del cancro non è nelle sostanze chimiche presenti nell’ambiente;
· la ricerca genetica porta a trascurare le soluzioni più efficaci che possono essere messe in atto già oggi;
· l’ossessiva assunzione di certe sostanze nutritive non porta a una salute a lungo termine;
· i medicinali e gli interventi chirurgici non sono in grado di curare le malattie che oggi uccidono la maggioranza della popolazione;
· probabilmente il nostro medico non sa di che cosa abbiamo bisogno per ottenere il miglior stato di salute.
Al contrario, molte scoperte, pubblicate nelle riviste scientifiche più prestigiose, dimostrano che il consumo di certi alimenti:
· consente ai diabetici di ridurre o addirittura interrompere il ricorso ai medicinali;
· le cardiopatie si possono far regredire riducendo le proteine più che i grassi saturi;
· il cancro al seno è collegato al livello degli ormoni femminili che a loro volta è collegato all’alimentazione;
· Il consumo di latticini aumenta il rischio di cancro alla prostata;
· è possibile prevenire i calcoli renali;
· il diabete di tipo 1 presenta evidenti correlazioni con la dieta infantile.
Purtroppo nella nostra società domina la disinformazione come si potrà vedere nella quarta parte del libro.
L’alimentazione è l’arma più potente che abbiamo contro la malattia.
Malgrado che gli americani spendano molto più di altri paesi, la loro salute sta venendo meno. Essi stanno diventando un popolo in sovrappeso e più di venticinque milioni sono diabetici, le cardiopatie sono ancora la prima causa di morte come quarant’anni fa e la guerra contro il cancro lanciata intorno al 1970 si è rivelata un insuccesso clamoroso, i giovani stanno cadendo in un baratro di malattia sempre più in tenera età, un terzo dei bambini è in sovrappeso o a rischio di diventarci e sempre più spesso si ammala di diabete.
L‘autore era cresciuto nella convinzione che i latticini e la carne rappresentassero i migliori alimenti.
Poi si laureò in medicina veterinaria e partecipò a uno studio sulla diossina e sull’aflatossina (AF), due delle sostanze più tossiche conosciute.
In seguito partecipò a un progetto condotto su bambini malnutriti nelle Filippine e a un’indagine sull’insolita prevalenza di cancro al fegato nei bambini filippini. Si pensava che fosse dovuto all’AF, una tossina riscontrata nelle arachidi e nel frumento, ma si constatò che erano i bambini di famiglie benestanti ad ammalarsi di cancro, anziché quelli malnutriti.
Dall’India arrivò la notizia di un esperimento in cui a un gruppo di ratti si dava una dieta col 20% di proteine insieme all’AF, mentre a un altro gruppo si dava solo il 5% di proteine con la medesima quantità di AF. Tutti i ratti del primo gruppo ebbero il cancro al fegato, mentre nel secondo gruppo nessuno fu colpito dal cancro.
Ciò dimostrava che l’alimentazione influiva molto di più dei carcinogeni chimici.
Esperimenti eseguiti in seguito dall’Autore dimostrarono che il basso contenuto di proteine nell’alimentazione inibiva lo sviluppo del cancro anche in presenza di elevate concentrazioni di AF.
Però non tutte le proteine sono cancerogene. Quelle vegetali del frumento e della soia non causano il cancro, neanche se assunte in misura rilevante.
A questo punto si cercò l’associazione tra le varie malattie e l’alimentazione e lo stile di vita nella Cina rurale e in quella semirurale e poi a Taiwan e si scoprirono 8000 associazioni significative tra vari fattori dietetici e le malattie. Perfino un consumo minimo di alimenti animali causava effetti avversi.
Nella seconda parte del libro si dimostra che le cardiopatie, il diabete e l’obesità si possono far regredire mediante una dieta sana costituita da alimenti vegetali integrali.
Nella terza parte si insegna la buona alimentazione.
Nella quarta parte l’Autore ci riferisce che lavorando dietro le quinte, ha scoperto che il pubblico è disinformato perché le linee di demarcazione fra governo, industria, scienza e medicina sono diventate indistinte, come quelle sulla ricerca del profitto e quelle della promozione della salute.
Conclude affermando che coloro che hanno seguito le indicazioni riportate nella prima edizione di questo libro hanno testimoniato che la loro vita è cambiata in meglio.
PRIMA PARTE
IL CHINA STUDY
CAPITOLO 1 – PROBLEMI DA AFFRONTARE, SOLUZIONI DA TROVARE
L’autore viveva in un’azienda agricola. Suo padre gli insegnò che mettendo dei batteri nei semi di alfa-alfa si aiutavano le piante a trasformare in sostanza proteica l’azoto contenuto nell’aria e che le mucche se ne sarebbero nutrite, ma fu colpito dall’infarto a 61 anni e morì a settant’anni in seguito al secondo attacco coronarico.
Ciò stimolò l’Autore a eseguire ricerche sulla salute e sull’alimentazione e ora sa che attraverso il cibo è possibile prevenire e perfino far regredire la patologia che aveva ucciso suo padre senza ricorrere ai rischi della chirurgia e a farmaci potenzialmente letali.
Il nostro sistema sanitario è troppo costoso, esclude troppe persone e non promuove la salute, né previene le malattie.
MALATTIE? PREGO, SERVITEVI
La mortalità del cancro aumenta nonostante la guerra contro il cancro lanciata dai governi.
Diversamente da quanto molti pensano, il cancro non è un evento naturale. L’adozione di una dieta e di uno stile sano di vita sani può prevenire un notevole numero di tumori e anche il sovrappeso, il diabete e tante altre patologie e i relativi costi sociali e finanziari.
OPS… NON ERA QUESTO CHE VOLEVAMO
Un numero crescente di americani è vittima di malattie croniche ma perfino le aule dei tribunali sono popolate di vicende che rivelano come l’assistenza inadeguata dei malati sia diventata la norma e 225.400 persone ogni anno muoiono per l’errore terapeutico da parte del medico o per gli effetti avversi dei farmaci o degli interventi chirurgici.
In un altro studio si stimava che ciò avvenisse su 400.000 persone. Tra le prime dieci cause di morte si evita di citare i decessi dovuti alle cure mediche che dovrebbero occupare il terzo posto.
Se si facesse posto all’alimentazione nella comunità medica, non ci troveremmo a riversare nei nostri corpi una tale quantità di farmaci tossici.
UNA TOMBA DISPENDIOSA
In America nel 1995 si sono spesi più di mille miliardi di dollari e stavano lievitando al punto che si prevedeva per il 2030 si sarebbe arrivati a 16.000 miliardi. L’aumento delle spese ha sopravanzato l’inflazione e un dollaro su sette del PIL era destinato alle spese sanitarie, l’importo pro-capite destinato ad esse era il più alto nel mondo e tuttavia il sistema sanitario americano era agli ultimi posti nell’efficienza.
Troppo spesso le decisioni terapeutiche del medico vengono prese in base all’importo che verrà rimborsato dell’assicurazione sanitaria e non in base a ciò che è meglio per il malato.
LAVORARE PER RIDURRE LA CONFUSIONE
Sono state provate molte diete iper-proteiche che promettevano salute e invece hanno causato una grande varietà di disturbi alla salute e anche morti.
E’ un errore molto diffuso quello di cercare la soluzione in questo o quell’elemento nutritivo, vitamina A contro il cancro, vitamina E contro l’infarto, ecc. ma i risultati sono contraddittori. la natura è molto più complessa.
UN DIVERSO TIPO DI PRESCRIZIONE
Gente che non ha una preparazione adeguata lancia nuove diete che portano denaro ai loro ideatori, ma lasciano il pubblico deluso e confuso. L’Autore del presente libro non ha prodotti o servizi da vendere. Propone una ricetta per la massima salute possibile, semplice e facile da seguire, senza farmaci né interventi chirurgici e senza effetti collaterali. Le prove della sua validità sono schiaccianti.
Una volta deplorava le idee dei vegetariani, ma poi ha partecipato a partire dal 1983 a gruppi di ricerca su numerosi villaggi cinese e sulle malattie a cui erano soggetti in rapporto ai loro alimenti.
LA PROMESSA DEL FUTURO
L’Autore e suo figlio sono arrivati alla conclusione che i benefici di una dieta a base di cibi di origine vegetale erano molto più vari e stupefacenti di qualsiasi farmaco o intervento chirurgico impiegati nella pratica medica. Molte malattie possono essere ampiamente prevenute. Inoltre molte patologie possono essere fatte regredire mediante la dieta.
Oggi sanno che le malattie dovute a una predisposizione genetica possono essere evitate e sono convinti che, al contrario, la promessa di certi scienziati di poter un giorno guarire i difetti genetici con delle pillole molto probabilmente falliranno come in passato o che porteranno gravi conseguenze impreviste.
Vari atleti hanno sperimentato l’efficacia della dieta vegetale a basso contenuto proteico. E anche gli animali negli esperimenti hanno ottenuto risultati assai migliori di quelli che erano nutriti come gli americani. (Vedere Il piano Campbell di Sperling & Kupfer – 2015).
SEMPLICI ORIGINI
La famiglia in cui è cresciuto il dottor Colin Campbell gestiva una fattoria che le procurava tutto il cibo di cui avevano bisogno. Se alla metà degli anni cinquanta del secolo scorso lui avesse avuto le cognizioni del presente suo padre avrebbe potuto prevenire la propria patologia o farla regredire.
La scienza c’è e deve essere divulgata, non possiamo permettere che lo status quo rimanga indiscusso mentre vediamo i nostri cari soffrire e morire. Dobbiamo riprendere il controllo della nostra salute.
CAPITOLO 2 – UNA STORIA DI PROTEINE
Fin dalla loro scoperta nel 1839 le proteine hanno goduto di una grande stima e sono state associate alla carne e si pensava che tramite esse si acquisterebbe forza, resistenza, agilità e superiorità sugli altri.
RICHIESTA DI QUALITA’
Anche l’autore ha creduto per lungo tempo che occorressero proteine di alta qualità e che quelle di origine animale fossero le migliori perché contengono tutti gli aminoacidi “essenziali” che l’organismo non è in grado di produrre da sé.
Pertanto, si sono fatte ricerche per i Paesi in via di sviluppo per produrre molte proteine di migliore qualità per la crescita.
Disgraziatamente tali proteine non sono le migliori anche per la salute. Infatti esistono molte ricerche che confermano che le proteine vegetali consentono una sintesi lenta ma costante di nuove proteine e sono le più sane per la salute a lungo termine.
NUTRIRE I BAMBINI
L’Autore fu inviato nelle Filippine a educare le madri locali a impiegare le varietà di proteine giuste.
Il pesce era disponibile solo nelle aree costiere. Pertanto, si incoraggiò la coltivazione delle arachidi, ma poi si scoprì che esse potevano essere contaminate con l’AF prodotta da un fungo, che si era rivelata capace di causare il cancro del fegato nei ratti.
UNA RIVELAZIONE PER CUI MORIRE
Si scoprì che le percentuali più alte di AF stavano nel burro di arachidi mentre le arachidi intere erano assai meno contaminate. Ciò succedeva perché nelle fabbriche le arachidi migliori venivano selezionate a mano per riempire i barattoli di noccioline da cocktail, mentre sul nastro rimanevano le peggiori e più ammuffite per fare il burro di arachidi.
Esso veniva consumato soprattutto a Manila, mentre il mais - l’altro alimento soggetto alla contaminazione da AF – era consumato a Cebu. L’autore sentì dire da un medico locale che erano i bambini delle famiglie meglio nutrite ad ammalarsi di cancro al fegato, malattia che in Occidente colpisce solitamente oltre i quarant’anni.
A livello mondiale erano i soggetti che soffrivano di carenza di proteine ad ammalarsi di cancro al fegato.
A questo punto l’autore s’imbatté in una rivista indiana che riferiva un esperimento su ratti. A un gruppo si dava il 20% di calorie in proteine, a un altro il 5%, ad entrambi la medesima quantità di AF. Quelli del primo gruppo ebbero tutti il cancro al fegato o almeno le lesioni che lo precedono, contro nessuno nel secondo gruppo.
Ciò confermò il sospetto del Campbell che il tumore fosse dovuto all’elevato consumo di proteine, conformemente a quanto gli era stato detto da un medico filippino che aveva operato di cancro al fegato bambini di età inferiore ai quattro anni che seguivano la dieta americana ricca di carne.
LA NATURA DELLA SCIENZA: COSA OCCORRE SAPERE PER SEGUIRE LA RICERCA
In medicina una prova assoluta è impossibile. Sappiamo che il fumo può provocare il cancro, ma non se saremo noi a esserne colpiti, ma che fumando ne avremo molte più probabilità.
Si possono osservare e confrontare società che consumano diverse quantità di grassi e poi osservare se tali differenze corrispondono a differenze simili nelle percentuali di cancro al seno o di altre patologie.
Oppure si possono fare confronti nel tempo o fare esperimenti con gruppi di controllo. Dai risultati si può avanzare l’ipotesi che si tratti di una verità probabile. Non si troveranno in questo libro certezze assolute.
CORRELAZIONE CONTRO CAUSALITA’
Se una malattia si riscontra più frequentemente dove si usa un dato alimento e quanto più se ne usa, allora si parla di correlazione o associazione, non di causalità o di prevenzione.
SIGNIFICATIVITA’ STATISTICA
Un dato è detto
· statisticamente significativo quando la probabilità che sia dovuto al caso è inferiore al 5%,
· altamente significativo se la probabilità è pari al 99% o maggiore.
MECCANISMI DI AZIONE
Spesso le correlazioni sono considerate più significative se altre ricerche dimostrano che due fattori sono in relazione dal punto di vista biologico (ad esempio, i pali del telefono e le cardiopatie sono positivamente correlati, ma non c’è nessuna ricerca che dimostri in che modo son in relazione dal punto di vista biologico).
META-ANALISI
La meta-analisi dispone in una sola tabella i dati combinati, ricavati da studi multipli e li considera come un’unica serie di dati. Esse hanno più peso dei singoli studi.
Gli americani
temono il cancro più di qualsiasi altra malattia. Pertanto, bastano
affermazioni fatte con superficialità (N. d. R.: magari per distogliere la
gente dal pensare che la medicina occidentale è incapace di prevenire il cancro
e di guarirlo) gettino il pubblico nel panico.
UN MISSILE
SOTTO FORMA DI HOT DOG
Si è, così, fatto
un esperimento col nitrito di sodio su topi e ratti con dosaggi altissimi e,
visto che somministrando dosi maggiori la percentuale dei decessi si
raddoppiava se ne era “ragionevolmente concluso” che il nitrito di sodio
utilizzato come conservante negli alimenti è un carcinogeno umano. Allora si
misero sotto accusa gli hot dog, il bacon e altri prodotti spendendo milioni di
dollari per eseguire gli esperimenti.
Alla fine l’industria
alimentare ridusse l’uso dei nitriti e tutto tornò nell’ombra.
(N.d.R.:
I signori della medicina vogliono scaricare sui conservanti utilizzati dalle
industrie la responsabilità di tanti decessi per cancro.
E' assurdo dare ai ratti che vivono pochi
anni, dosi corrispondenti - proporzionalmente al peso - a 30 anni per un uomo.
RITORNIAMO ALLE PROTEINE
Nell’esperimento condotto in India il 100%
dei topi che avevano consumato il 20% di proteine insieme a una certa quantità
di AF si erano tutti ammalati di cancro, mentre neanche uno di un altro gruppo
di topi si era ammalati di cancro col solo 5% di proteine e la medesma dose di
AF.
(L’autore rispetta le posizioni di coloro
che sostengono i diritti degli animali, ma fa presente che senza gli
esperimenti su di essi non si sarebbe potuto scoprire quanto occorreva per
caldeggiare una dieta di soli alimenti integrali vegetali).
TRE STADI DI CANCRO
I tre stadi del cancro sono
·
l’iniziazione, che si può paragonare al mettere
i semi nel terreno;
·
la promozione è quando l’erba comincia a
crescere;
·
e la progressione è il momento in cui l’erba
sfugge al controllo e invade il vialetto di accesso, le aiole e il marciapiede.
I semi impiantati nel terreno sono detti
carcinogeni e sono spesso costituiti da prodotti industriali, altri sono
prodotti in natura come l’aflatossina. Essi trasformano o modificano le cellule
normali in cellule predisposte al cancro. Si tratta di una mutazione permanente
nel DNA delle cellule, che poi si trasmette alle cellule-figlie. Tutto ciò può
avvenire in tempi brevissimi.
La promozione consiste nella moltiplicazione
delle cellule cancerose. Ciò richiede delle condizioni appropriate e
nell’essere umano di solito occorrono parecchi anni. È qui che l’alimentazione
ricopre un ruolo importante, fornendo i promotori o gli anti-promotori del
cancro. Si tratta di un processo alterno caratterizzato dalla reversibilità.
La fase della progressione comincia quando
il cancro si sviluppa invadendo tutto ciò che gli sta intorno. Allora il tumore
si chiama maligno ed è detto metastatizzante.
PROTEINE E INIZIAZIONE
Una volta entrati nelle cellule non sono
quasi mai i carcinogeni a iniziare il processo canceroso. Occorre che essi
siano prima trasformati in prodotti più reattivi con l’aiuto di enzimi
dall’importanza decisiva. Poi tali prodotti carcinogeni si legano strettamente
al DNA così da formare dei complessi DNA-carcinogeno o addotti. Se questi non
vengono abbastanza rapidamente riparati, il DNA viene trasmesso alle
cellule-figlie. Tuttavia per la crescita del cancro occorre che l’ambiente sia
favorevole.
Se l’apporto di proteine nella dieta era
ridotto:
nelle cellule entra meno carcinogeno, ad
esempio meno aflatossina;
le cellule si sviluppano più lentamente;
si riduce l’attività enzimatica;
si formano meno addotti.
PROTEINE E
PROMOZIONE
I foci sono
grappoli di cellule precursori che crescono fino a trasformarsi in tumori,
quantunque la maggior parte non si trasformi.
Studiando lo
sviluppo dei foci si è potuto capire che lo sviluppo dei tumori dipende quasi
completamente dall’apporto delle proteine, indipendentemente dalla quantità di
aflatossina consumata.
Si scoprì
anche che gli animali che ricevevano una ridotta quantità di aflatossina
sviluppavano più foci di quelli che invece avevano ricevuto molta aflatossina e
una ridotta quantità di proteine.
Si fecero poi
altri esperimenti e si constatò che nei periodi in cui si fornivano agli
animali poche proteine la moltiplicazione dei foci si riduceva, mentre quando
si davano più proteine, i foci crescevano di più.
Infine, quando
si fornivano proteine animali i foci aumentavano, invece con le proteine
vegetali si riducevano.
A questo punto
occorreva scoprire se ciò avveniva solo in alcuni casi o per tutte le malattie
dell’essere umano e ciò fu fatto col CHINA STUDY.
NON TUTTE LE
PROTEINE SONO UGUALI
Finora gli
esperimenti sulla promozione del cancro erano stati eseguiti utilizzando la
caseina. Pertanto ci si domandava se ciò avvenisse anche con le proteine
vegetali. Ebbene, no! Questa risposta fu data da un esperimento eseguito col glutine
e condotto da uno studente dell’autore. Lo stesso succedeva se si usavano le
proteine della soia. Le proteine vegetali non promuovono lo sviluppo del
cancro, neppure se l’apporto è al livello del 20%. Riducendo i livelli di
proteine si può rallentare la crescita del tumore.
(N. d. R.: Per
la verità, a guardare il grafico di pagina 72 del libro, col 20% di proteine
costituito da caseina l’istogramma che rappresenta lo sviluppo dei foci è alto
33 mm, mentre per il 20% costituito da glutine è alto 4 mm. e per il 5% di
caseina è alto circa 1,5 mm. ossia un minimo di promozione del cancro si
verifica anche col glutine, ma otto volte inferiore a quella causata da
un’identica percentuale di caseina).
IL GRAN FINALE
In altri
esperimenti risultò che i ratti a cui, oltre all’aflatossina, si era
somministrato il 20% di proteine in forma di caseina dopo due anni erano tutti
morti o prossimi a morire, quelli che avevano ricevuto il 5% di proteine in
forma di caseina erano tutti vivi, attivi e prosperi, con un bel manto lucente.
Ad altri ratti
si ridotta la caseina dopo quaranta – cinquanta settimane presentavano una
crescita minore del cancro pari al 35-40%. Viceversa in quelli ai quali si era
aumentata dal 5% al 20%, invece, avevano cominciato a sviluppare tumori.
ALTRE FORME DI
CANCRO, ALTRI CARCINOGENI
Si è poi
esaminato se la caseina promovesse anche altre forme di tumore ed è risultato
che lo fa anche con i malati infettati con l’HBV.
Pure il cancro
della mammella è promosso dalla caseina alle solite dosi del 20% dell’apporto
dele calorie assunte, mentre non produceva tale effetto se la percentuale era
pari al 5%.
IMPLICAZIONI
PIU’ AMPIE
Da ciò si può
ritenere per varie ragioni che ciò che avviene nei ratti vale anche per
l’essere umano. Infatti,
·
hanno lo stesso bisogno di proteine.
·
Le proteine nell’uomo agiscono come nei ratti.
·
È identico l’apporto proteico che causa il
tumore.
·
Il processo dell’iniziazione è molto meno
importante di quello della promozione.
Bisognava ora verificare se la caseina aveva
la capacità di promuovere il cancro anche in altri organi e se altre sostanze
potevano fare altrettanto e se la promozione continua a essere reversibile. Ciò
poté essere fatto col China Study.
CAPITOLO 4 – LEZIONI DALLA CINA
Anche per i ricercatori è opportuno scattare un'istantanea nel tempo, per poter servirsene in seguito. E' questo che fu fatto in Cina riguardo al Cancro come si vedrà nel prossimo paragrafo.
L’ATLANTE DEL CANCRO
Quando il premier cinese Chou En-lai stava morendo di cancro, si decise di avviare un’indagine su scala nazionale per raccogliere informazioni su tale malattia. Si fece un atlante dei tassi di mortalità di dodici tipi diversi di cancro con un codice a colori per evidenziare i luoghi in cui certi tipi di cancro erano molto più diffusi e dove erano quasi inesistenti.
Mentre negli Stati Uniti si constatava una differenza minima nella distribuzione dei vari tipi di cancro, in Cina si verificavano differenze enormi tra una zona e l’altra, perfino cento volte maggiore e si cominciò a cercare le cause nell’ambiente e nell’alimentazione.
Con l’aiuto della finanza e della politica, l’Autore e altri (tra cui il dottor Junshi Chen, cinese arrivato in America dopo l’instaurazione di rapporti diplomatici tra Cina e USA) poterono fare un’istantanea di tutto ciò che si mangiava, di come si viveva, della composizione del sangue e delle urine in 65 contee rurali o semi-rurali della Cina per poterli studiare in seguito in rapporto alle patologie che causavano le morti in Cina.
In questo modo si poteva verificare la conformità dei risultati degli esperimenti sugli animali con i risultati sugli esseri umani (per approfondimenti vedere l’appendice B a pagina 409 del libro).
Si voleva trovare risposta alle domande come perché in certe zone alcuni tumori erano più frequenti e perché c’era tanta differenza tra Cina e USA.
Si recarono in 65 contee delle regioni rurali o semi-rurali della Cina, raccolsero campioni di sangue e di urine e si procedé alle analisi.
L’ESPERIENZA ALIMENTARE CINESE
In America una media del 15-16% delle calorie proviene dalle proteine e di esse almeno l’81% deriva da cibi di origine animale.
Invece nella Cina rurale solo il 9-10% delle calorie totali proviene dalle proteine e solo il 10% di esse è di origine animale
SOSTANZA NUTRITIVA | CINA | USA |
Calorie (kcal/giorno | 2.641 | 1.989 |
Grassi totali (% dele calorie) | 14,5 | 34-38 |
Fibre alimentari (g/giorno) | 33 | 12 |
Proteine totali (g/giorno) | 64 | 91 |
Proteine animali (% delle calorie) | 0,8 | 10-11 |
Ferro totale (g/giorno) | 34 | 18 |
Si verificava molta variabilità nei dati tra una contea e l’altra della Cina, a differenza di quanto avviene negli USA.
MALATTIE DELLA POVERTA’ E DEL BENESSERE
Sono malattie del benessere il cancro (colon, polmone, seno, leucemia, cervello in età pediatrica, stomaco, fegato), diabete, cardiopatia coronarica e si possono chiamare anche malattie della sovralimentazione oppure occidentali.
Sono malattie della povertà la polmonite, l’occlusione intestinale, l’ulcera peptica, le malattie gastrointestinali, la tubercolosi polmonare, le malattie parassitarie, le cardiopatie reumatiche, le malattie endocrinologiche e del metabolismo (eccetto il diabete), le malattie della gravidanza e molte altre. Esse sono dovute a inadeguatezza alimentare e a carenze igienico-sanitarie.
Può succedere che siano associate ad altre del medesimo gruppo e questo fa pensare che abbiano cause in comune.
Si indicherà nel libro col simbolo I (cioè I visualizzato come esponente) una certezza pari al 95% o superiore, col simbolo II una certezza pari al 99% o superiore e col simbolo III una certezza pari al 99,9% o superiore.
LIVELLI DI COLESTEROLO E MALATTIA
Si possono prevedere le malattie occidentali secondo i livelli di colesterolo nel sangue.
NEL CIBO E NEL SANGUE
Il colesterolo alimentare o esogeno è presente nel cibo che mangiamo e si trova solo negli alimenti di origine animale. Il colesterolo endogeno invece è quello prodotto dal fegato. I due tipi di colesterolo sono identici dal punto di vista chimico.
Analogamente i grassi alimentari sono quelli contenuti nel cibo mentre il grasso corporeo è prodotto dall’organismo ed è molto diverso da quello alimentare, sicché gli effetti sulla salute sono molto diversi tra colesterolo e grasso.
Anche nei Cinesi quando aumentava il colesterolo aumentava la frequenza delle malattie occidentali, ma tra i Cinesi il colesterolo era molto più basso, mediamente 127 ml/dl (in alcune contee perfino 94 mg/dl) contro 215 mg/dl degli USA. Pertanto non è vera l’affermazione che livelli di colesterolo inferiore a 150 comportino problemi di salute.
A sorpresa, nel China Study si constatò che quando diminuivano i livelli di colesterolo, calavano anche le patologie occidentali e che il colesterolo LDL era collegato alle malattie occidentali, tra cui le cardiopatie coronariche.
COLESTEROLO ENDOGENO E DIETA
Il colesterolo endogeno è un importante indicatore di rischio per la salute.
Si è constatato che il colesterolo endogeno è correlato con il consumo di cibi animali. I cibi vegetali oltre a non contenere colesterolo fanno diminuire la produzione di colesterolo endogeno. Invece il consumo di carne, latte, pesce, grassi e proteine animali fa aumentare il livello di colesterolo LDL.
GRASSI E CANCRO
Alla fine dell'Ottocento, con la rivoluzione industriale è arrivato un po' di benessere e la gente ha cominciato a consumare una dieta più ricca di grassi, per via di un maggiore consumo di carne e di latticini.
Verso la metà del XX° secolo alcuni scienziati hanno iniziato a puntare il dito contro i grassi accusandoli di favorire le cardiopatie e i tumori e hanno fissato il limite del 30% delle calorie provenienti dai grassi.
Altri, a partire dal dottor Atkins, hanno invece raccomandato di ridurre i carboidrati e di aumentare il consumo dei grassi. Altri ancora hanno detto che si poteva andare oltre il 30% purché si usassero i grassi "buoni".
Secondo l’Autore è sbagliato considerare i singoli grassi.
In ogni caso ce ne sono di più nei cibi animali che in quelli vegetali, salvo poche eccezioni. Conseguentemente, la quantità di grassi che si assume è strettamente proporzionale alla quantità di carne e di altre proteine animali.
GRASSI E CANCRO AL SENO
Nel 1982 il rapporto annuale dell'Accademia nazionale delle scienze - al fine di prevenire i tumori aveva raccomandato di non superare il 30% delle calorie provenienti dai grassi.
Si supponeva che una dieta col 25-30% di lipidi si potesse chiamare ipolipidica e che, quindi, fosse inutile scendere sotto il 25%, ma in Cina si andava dal 24 al 6% ed era correlato con un rischio minore di cancro al seno.
Si fecero molte ricerche al riguardo. L'indagine più famosa fu quella del dottor Ken Carrol riguardante una quarantina di paesi la quale mostrava una forte correlazione tra il consumo di grassi e la frequenza di cancro al seno.
Ciò era confermato dagli studi sugli immigrati, i quali diventavano anch'essi soggetti ai tumori se accettavano le usanze alimentari del nuovo paese, smentendo l'idea che fosse nella genetica la causa del cancro.
Pertanto, si può ritenere che il tasso di cancro al seno potrebbe essere ridotto a zero.
Altri fattori di cancro al seno sono:
un’età precoce del menarca (in Cina a 15-19 anni, in USA a 11 anni);
la menopausa tardiva;
un alto tasso di colesterolo nel sangue;
l'elevata esposizione agli ormoni femminili.
Tutti i suddetti fattori sono accentuati dal consumo di proteine animali
Un maggior consumo di grassi è correlato a un maggior livello di estrogeni negli anni critici (dai 35 ai 44III) e a un maggior dsi 55 ai 64III anni.
Tali ormoni sono altamente correlati con l’apporto di proteine III, col consumo di latte III e di carne III. Non si è potuto dimostrare se in Cina questi livelli ormonali siano direttamente correlati al rischio di cancro al seno, dal momento che il tasso di questa malattia è molto basso.
Sono stati individuati nel sangue sei biomarcatori dell’apporto di proteine animali. Ad esempio il colesterolo endogeno è il biomarcatore delle cardiopatie. Ognuno di tali biomarcatori è correlato con la frequenza del cancro nelle famiglie.
L’IMPORTANZA DELLE FIBRE
Secondo il dottor Denis Burkitt le fibre, che sono contenute solo nei vegetali, – quantunque non vengano digerite - sono vitali per la salute perché sono in grado di estrarre l’acqua dal corpo e di convogliarla nell’intestino per mantenerlo in funzione. Inoltre, come la carta adesiva, esse sono in grado di catturare sostanze chimiche pericolose, magari cancerogene, che transitano nell’intestino. Esse diminuiscono la densità calorica delle nostre diete, placano l’appetito e riducono il consumo eccessivo di calorie e il colesterolo.
In Cina l’apporto medio di fibre è circa il triplo di quello americano. E’ smentita dai fatti l’affermazione degli scienziati americani che l’apporto di fibre oltre i 30-35 grammi il giorno ostacola l’assorbimento del ferro. Infatti, l’emoglobina – buon indicatore dell’assorbimento del ferro – aumenta con un apporto maggiore di fibre.
Esistono anche cinesi che hanno carenza di ferro, ma ciò avviene in presenza di malattie parassitarie e il rimedio non è nell’assunzione della carne ma nel combattere tali malattie.
Già nei secoli passati alcuni medici avevano riscontrato una relazione tra il ridotto consumo di fibre e il rischio di cancro (solitamente al seno e all’intestino).
Il China Study ha dimostrato che l’elevata assunzione di fibre era costantemente associata a un minor numero di tumori colorettali. Anche il colesterolo diminuisce consumando più fibre.
I vegetali più ricchi di fibre sono i fagioli, le verdure a foglia e i cereali integrali.
ANTIOSSIDANTI: UNA MAGNIFICA COLLEZIONE
I colori della frutta e della verdura derivano da una varietà di sostanze chimiche dette antiossidanti, che sono presenti quasi esclusivamente nelle piante, mentre gli animali ne immagazzinano una limitata quantità nei loro tessuti solo se mangiano piante.
Le piante si proteggono dai radicali liberi presenti nell’ambiente, attraverso gli antiossidanti.
Disgraziatamente noi esseri umani ne produciamo pochi mentre la semplice esposizione ai raggi del sole e le sostanze industriali inquinanti possono essere dannose ai nostri tessuti, che si irrigidiscono e funzionano male.
Il danno incontrollato prodotto dai radicali liberi fa parte dei processi che provocano la cataratta, l’indurimento delle arterie, l’enfisema, l’artrite e molti altri disturbi.
Fortunatamente gli antiossidanti delle piante funzionano anche nel nostro organismo.
L’apporto di vitamina C è quello che aumenta di più la vitamina C presente nel sangue.
Quando la vitamina C è scarsa è molto più frequente il cancro, particolarmente nell’esofago, la leucemia e i tumori rinofaringei, della mammella, dello stomaco, del fegato, colon, retto e polmone.
La vitamina C si trova soprattutto nella frutta.
I tassi di cancro in Cina erano da 5 a 8 volte più alti dove l’uso di frutta era più basso. Lo stesso succedeva con la cardiopatia coronarica, con quella ipertensiva e con l’ictus.
Al contrario, i livelli di altri antiossidanti, come quelli di alfa e beta carotene e di gamma-tocoferolo sono mediocri indicatori degli effetti di queste sostanze. Essi sono trasportati nel sangue dalle lipoproteine che possono trasportare anche l’LDL. Tuttavia il basso livello di beta carotene è risultato correlato con un’elevata incidenza di cancro allo stomaco.
Comunque non giovano pillole di integratori di vitamina C e di betacarotene per prevenire il cancro allo stomaco. Occorrono i cibi integrali.
LA CRISI ATKINS
A partire dal dottor Atkins, molti altri hanno scritto libri sulla dieta low-carb in seguito alla constatazione che gli americani erano diventati più grassi limitando i grassi nella dieta, ma ciò era avvenuto perché si erano aumentati i carboidrati-spazzatura in sostituzione dei grassi.
Con la dieta low-carb si diminuisce il peso attraverso la diminuzione di 800 calorie ogni giorno. In questo modo, però, si diventa invalidi, o si scompare del tutto.
Inoltre, i ricercatori riferivano che alla fine i soggetti soffrivano di stitichezza (il 68%), di alito pesante (63%), mal di testa (51%), perdita di capelli (10%) e aumento di flusso mestruale (1%) e nei bambini si formavano calcoli renali di ossalato di calcio e urato, vomito, amenorrea, ipercolesterolemia, deficit vitaminici, aumento del 53% di escrezione di calcio nelle urine.
In un confronto tra la dieta americana già ricca di proteine e di grassi, la paleo-dieta - che lo è ancora di più - ha dato come risultato un aumento del colesterolo LDL e dei trigliceridi e un calo del colesterolo HDL.
Infine una meta-analisi del 2013 che riuniva i risultati di 17 studi, si constatava un aumento del 31% dei decessi totali con tale dieta ancora più povera di carboidrati.
Inoltre, i libri che parlano della dieta low-carb raccomandano l’uso di integratori (addirittura di 30 pillole il giorno!).
LA VERITA’ SUI CARBOIDRATI
In realtà la dieta con molti carboidrati costituiti da cereali integrali, ortaggi e frutta fa regredire le cardiopatie e il diabete e preserva dalle malattie croniche e può anche far perdere del peso.
Non è possibile tener conto delle calorie. Oltre tutto ne bastano 50 in più al giorno per procurarsi 25 chili di peso in 5 anni. Se gli diamo il cibo giusto il nostro corpo sa come gestirlo, magari bruciando il sovrappiù producendo calore o spingendoci al movimento, come fanno gli animali di loro iniziativa consumando più ossigeno e si ammalano molto meno spesso.
IL CHINA STUDY SUL PIATTO DELLA BILANCIA
Non avrebbe avuto senso paragonare il livello di calorie consumato dai cinesi – che fanno ancora un lavoro manuale pesante - con quello degli americani spesso seduti dietro a una scrivania. Pertanto, si divisero i cinesi in cinque gruppi a seconda della loro attività fisica.
Furono calcolati gli apporti calorici dei cinesi meno attivi, equivalenti agli impiegati americani - e si scoprì che essi consumavano il 30% di calorie in più rispetto a questi ultimi e tuttavia il loro peso corporeo era inferiore del 20%. Ciò avveniva perché essi andavano a lavorare in bicicletta?
Secondo l’Autore è piuttosto il nostro corpo a decidere come impiegare le calorie in eccesso. Se noi usiamo i cibi giusti, esso impiega le calorie convogliandole alle funzioni più auspicabili: come mantenere il calore corporeo, gestire il metabolismo, sostenere e incoraggiare l’attività fisica o eliminare qualsiasi eccesso. Se invece si consumano proteine e lipidi, il corpo distoglie le calorie dal processo di conversione in calore e le deposita in forma di grasso corporeo.
DIETA E CORPORATURA
Se si vuole aumentare la corporatura, occorre consumare più proteine e la convinzione comune è che occorrano le proteine animali, ma ciò aumenta il rischio di patologie e il colesterolo totale e quello cattivo II.
In realtà anche in Cina – dove si consumano proteine vegetali per il 90% - un maggiore apporto di proteine è strettamente correlato con un peso e una statura maggiore.
Se nei paesi sottosviluppati si trovano popolazioni più basse è perché le proteine vegetali sono insufficienti per varietà o in quantità e sono associate a difficili condizioni igienico-sanitarie. In Cina il peso basso e la statura ridotta erano associati ad alti tassi di mortalità per tubercolosi III, malattie parassitarie III, polmonite (III per la statura), occlusione intestinale III, e malattie dell’apparato digerente III.
Pertanto occorre controllare tali malattie e contemporaneamente si controlleranno anche le malattie del benessere.
TORNANDO AL PUNTO DI PARTENZA
In base ai risultati di laboratorio con gli animali, la caseina – ciò vale molto probabilmente per tutte le proteine animali – si poteva considerare una delle principali sostanze cancerogene che si consumino. Variando la proteina assunta con la dieta si può innescare e disinnescare la crescita tumorale e annullare gli effetti cancerogeni dell’aflatossina.
Ora occorreva confermare tali effetti sugli esseri umani.
In alcune zone rurali della Cina si trovavano alti tassi di cancro al fegato. Nei medesimi luoghi si trovava il 12-13% di soggetti con infezione cronica del virus dell’epatite B contro lo 0,2-0,3% negli USA.
Il cancro del fegato è fortemente associato all’aumento del colesterolo endogeno e questo è associato al consumo di cibi animali.
Negli esperimenti sui topi il virus innescava l’iniziazione del cancro che poi cresceva con la somministrazione di caseina e cresceva anche il colesterolo endogeno.
Ciò succede anche negli esseri umani. Pertanto, l’arma più potente contro il cancro è il cibo che consumiamo.
TIRANDO LE SOMME
Gli alimenti di origine animale sono collegati alle malattie del benessere. Le diete di alimenti vegetali presentano rischi più bassi di cancro, malattie cardiache e diabete.
Alcuni volevano che si studiassero i singoli fattori isolati in rapporto col cancro, ma l’Autore ritiene che negli alimenti ogni cosa lavori con qualunque altra cosa per creare salute o malattia. Una volta egli aveva il colesterolo a 260 e il suo medico lo considerava perfettamente normale, ma poi constatò che i cinesi ne avevano livelli tra 70 e 170, così ha capito che i livelli “normali” occidentali presentano un notevole rischio di cardiopatie.
I cibi di origine vegetale fanno bene, procurano un bell’aspetto, una crescita completa e prevengono le malattie precoci tipiche dell’Occidente.
L’Autore ha eliminato quasi tutti i cibi animali da 25 anni fa, il suo colesterolo è calato, si sente più in forma di quando aveva 25 anni e pesa 20 chili in meno di quando aveva 30 anni.
SECONDA PARTE
MALATTIE DEL BENESSERE
Non esiste una dieta specifica per combattere il cancro o altre malattie del benessere. Esiste una dieta che le combatte tutte. Essa sembra utile a tutti indipendentemente dai geni e dalle predisposizioni personali. E dopo le conferenze tenute dall’autore molti vanno a dirgli di essere guariti dalle loro patologie, alcune piuttosto rare, seguendo il regime alimentare costituito da cibi integrali di origine vegetale.
CAPITOLO 5 – CUORI SPEZZATI
Le disfunzioni cardiache e/o circolatorie uccidono il 40% degli americani
Nella guerra di Corea restarono uccisi più di 30.000 soldati americani. I ricercatori della medicina militare esaminarono il cuore di 300 soldati uccisi. La loro età media era di 22 anni e a nessuno di loro era mai stato diagnosticato un problema cardiaco. Nel 77,3% dei casi si scoprirono segni di cardiopatie. Altre ricerche hanno mostrato che le cardiopatie si sviluppano nell’arco di una vita.
L’INFARTO
Una delle componenti delle cardiopatie è la presenza della placca, uno strato di grasso, di proteine, di lipidi (tra cui il colesterolo), cellule del sistema immunitario e altre componenti che si accumulano sulle pareti interne delle arterie coronarie. Un soldato su venti aveva le arterie ostruite al 90%. Tuttavia tali soggetti non sembravano risentirne così tanto perché il corpo aveva avuto il tempo di aprire dei varchi cioè i cosiddetti “circoli collaterali”, però si può avere un’eccessiva riduzione del flusso sanguigno e allora si ha l’angina pectoris. Raramente si arriva all’infarto.
Spesso, però, sono le placche che bloccano meno del 50% delle arterie che presentano uno strato di cellule detto cappuccio fibroso che separa il core (nucleo lipidico della placca) dal flusso sanguigno. Tale cappuccio si può spezzare a causa di una dieta ricca di ossigeno reattivo e povera di antiossidanti (troppi alimenti di origine animale e pochi di origine vegetale) col risultato di generare un coagulo intorno al sito della lesione e di ostruzione alla circolazione sanguigna.
Dopo la seconda guerra mondiale si costituì un pool di scienziati - a Framinghan nel Massachussets - che elaborò il concetto di fattori di rischio: colesterolo, ipertensione, inattività fisica, fumo e obesità. Si scoprì così che il colesterolo alto poteva causare l’infarto e che un colesterolo superiore a 244 mg/100 dl dava un rischio tre volte maggiore di quello a 210 mg/dl.
Poi si capì che un eccessivo consumo di grassi e di colesterolo causa l’aterosclerosi, indurimento delle arterie e accumulo di placca lentamente negli anni, pertanto il flusso sanguigno riesce ad aprirsi un varco – si parla di circuiti collaterali - tra i tessuti e ciò consente di vivere senza che si abbia un infarto immediatamente.
Il consumo di colesterolo aumenta anche il colesterolo endogeno e quest’ultimo causa le cardiopatie.
La maggior parte della popolazione mondiale invece non soffre di cardiopatia. E’ quella che consuma meno grassi e colesterolo.
RICERCA IN ANTICIPO SUI TEMPI
Il dottor Lester Morrison di Los Angeles fece una ricerca dividendo 100 malati sopravvissuti a un infarto in due gruppi di cinquanta. Al primo aveva prescritto di continuare la dieta precedente.
Invece all’altro aveva ordinato una dieta con meno colesterolo e grassi, una piccola porzione di carne due volte il giorno costituita da 60 grammi di roastbeef di agnello magro con gelatina alla menta a pranzo e 60 grammi di carne magra per cena.
Inoltre aveva proibito di consumare le minestre cremose, la carne di maiale, le carni grasse, i grassi animali, il latte intero, la panna, il burro, il tuorlo d’uovo, il pane e i dolci fatti col burro, uova intere e latte intero.
Dopo otto anni solo dodici dei pazienti del primo gruppo erano ancora vivi, mentre nel gruppo d controllo erano 28 i sopravvissuti. Dopo 12 anni quelli del primo gruppo erano morti tutti, invece nel secondo gruppo ne vivevano ancora 19.
Un esperimento eseguito da altri medici e con una dieta a basso consumo di grassi e di colesterolo ridusse a un quarto la mortalità. Pertanto, si poteva concludere che le cardiopatie non erano un frutto inevitabile dell’invecchiamento.
In realtà sono le proteine animali (per esempio la caseina) a causare i livelli alti di colesterolo, mentre quelle vegetali li riducono in misura maggiore della riduzione dell’apporto di grassi e colesterolo.
STORIA RECENTE
La battaglia tra i difensori dello status quo e i sostenitori della dieta è più agguerrita che mai. In linea di massima lo status quo è stato salvaguardato e l’attenzione dedicata alle cardiopatie si è concentrata soprattutto sugli interventi meccanici e chimici per i soggetti che presentano uno stato avanzato della patologia: chirurgia (sostituzione di parti di arterie, trapianti), farmaci, apparecchiature elettroniche e nuovi strumenti hanno conquistato la ribalta, mentre la dieta è stata messa da parte. Si è diminuita la mortalità (magari per merito del calo del fumo), però per le persone l’incidenza delle cardiopatie non è diminuita dal 1970 in poi e si hanno cardiopatie in persone sempre più giovani. Si è ritardata la morte dei malati ma non si è fatto nulla per prevenire le cardiopatie.
IL MIRAGGIO DELLA CHIRURGIA
Gli interventi di tipo meccanico sono sempre meno efficaci di quanto si supponga. Le operazioni di bypass possono anche procurare liberazione dal dolore, a volte solo per un anno, e causare effetti collaterali (infarto, complicanze respiratorie, distacco della placca con conseguenze di mini-ictus e peggioramento della funzione cognitiva e pochi pazienti sopravvivono più a lungo e i costi delle operazioni sono molto alti, da 70 a 200 mila dollari.
A loro volta le operazioni di angioplastica (si inserisce un palloncino che comprime la placca arteriosa grande lasciando più spazio al flusso sanguigno) sono dispendiose e comportano alti rischi - tra cui l’infarto che deriva invece dalla rottura degli accumuli piccoli. Spesso si inserisce uno stent (che è una rete metallica) e lo si fa espandere (costa circa 15 mila dollari) ma sono di dubbia efficacia per prolungare la vita, salvo il caso di un infarto in corso. E si fanno cause per un loro eccessivo utilizzo. Intanto le abitudini alimentari degli americani stanno peggiorando, ma un esiguo numero di medici ottiene successi con la terapia più semplice.
IL DOTTOR
CALDWELL B. ESSELSTYN JR.
Il miglior
centro cardiaco del paese, forse del mondo, sta a Cleveland (Ohio) ed è la
Cleveland Clinic. Uno dei medici è il dottor Caldwell B. Esselstyn Jr.
ammirevole per l’umiltà, il garbo e soprattutto per la sua ricerca della verità
e il coraggio di sfidare il sistema.
Egli decise di
sperimentare una dieta a base di cibi vegetali e integrali con bassissimo
contenuto di grassi su 23 soggetti con una cardiopatia coronarica conclamata,
insieme a un bassissimo ricorso ai farmaci.
Si dovevano
evitare gli oli, la carne, il pesce, il pollame e i latticini salvo il latte
scremato e lo yogurt magro (ma dopo cinque anni fece evitare anche questi
ultimi due).
Cinque
pazienti avevano abbandonato l’esperimento e dopo cinque anni avevano avuto
dieci nuovi eventi coronarici. Al
contrario gli altri 18 pazienti, erano ancora tutti vivi, salvo uno e in undici
anni avevano avuto solo UN solo evento coronarico.
Il colesterolo
medio alla fine dello studio era sceso a 132 da 246. Dopo 25 anni solo cinque
pazienti erano morti, ma nessuno a causa di una malattia cardiovascolare. Inoltre
nel 70% dei pazienti le coronarie si erano riaperte.
Undici di loro,
che avevano accettato l’angiografia, avevano ottenuto il 7% in meno di
ostruzione delle arterie, il che significa un aumento del 30% del sangue trasportato.
Esselstyn ottenne i risultati più spettacolari nella terapia delle cardiopatie. In un paziente, dopo 32 mesi, senza usare farmaci contro il colesterolo, questo si era ridotto a 89 mg/dl e un’arteria molto ristretta si era riaperta permettendo un flusso sanguigno vicino al normale. Ciò non può avvenire mai per un puro caso in patologie così avanzate.
IL DOTTOR DEAN ORNISH
Il dottor
Ornish ha posto in primo piano la dieta nel pensiero medico. Egli ha seguito e
curato 28 pazienti cardiopatici con soltanto un cambiamento nello stile di
vita. Contemporaneamente seguiva 20 pazienti che si attenevano a un programma
di cure standard e ha misurato i diversi indicatori di salute, fra cui le occlusioni
delle arterie, i livelli di colesterolo e il peso.
Quelli del
primo gruppo dovevano consumare solo cibi di origine vegetale, salvo l’albume
d’uovo, il latte magro e lo yogurt magro a ridotto contenuto di grassi: solo il
10% delle calorie doveva derivare dai grassi. Inoltre dovevano gestire lo
stress per un’ora al giorno con la meditazione ed esercizi di respirazione, di
rilassamento ed esercizio fisico per tre ore la settimana.
In media in un
anno, il loro colesterolo scese da 227 a 172.
Il colesterolo
LDL precipitò da 152 a 95 mg/dl
e la
frequenza, la durata e la gravità del loro dolore toracico ebbero un crollo
verticale e più i pazienti si attenevano scrupolosamente alle prescrizioni, più
i loro cuori guarivano.
Le ostruzioni
delle arterie si erano ridotte del 4% che può sembrare poco, ma in realtà era
fantastico perché le ostruzioni si creano in una vita.
Al contrario
il gruppo di controllo - salvo un calo del colesterolo ma minore di quello
conseguito dall’altro gruppo con la sola dieta -- aveva visto peggiorare le proprie
condizioni: aumento del 165% della frequenza dei dolori e le occlusioni
arteriose dell’8%.
IL FUTURO
Il dottor Ornish ha cercato di diffondere tra la popolazione la sua dieta e così si è potuto tagliare la spesa media per ciascun paziente di circa 30.000 dollari, mentre quella del ricorso ai metodi tradizionali lievitava di anno in anno.
Tuttavia un dibattito serio sull’impiego della dieta per curare i cardiopatici è mancato quasi del tutto nella comunità cardiologica. Si tratta di un’omissione eclatante e – considerando gli effetti collaterali (anche la morte) e i costi degli interventi di impianto di stent (da 11 a 41 mila dollari) e di bypass (117 mila) – di una tragedia a danno dei cittadini americani.
Negli ambienti medici si porta avanti la scusa che i pazienti non sono disposti a cambiamenti così radicali nella loro dieta, ma essi trascurano di parlarne o lo fanno in modo sbrigativo e denigratorio.
A loro volta le autorità sanitarie traggono in inganno il pubblico intenzionalmente invitando alla moderazione e i nutrizionisti raccomandano una percentuale di calorie pari al 30% dai grassi e un apporto di colesterolo non superiore a 200 mg al giorno, mentre i migliori risultati si ottengono con alimenti integrali di origine vegetale (ossia senza colesterolo).
Lo dicono i ricercatori come Caldwell B. Esselstyn Jr. William Castelli, Dean Ornish e decine di medici hanno riferito all’autore che i loro pazienti hanno ottenuto risultati spettacolari adottando tale dieta.
Si dice che un individuo è in sovrappeso quando il suo indice di massa corporea è superiore a 25 e obeso quando il BMI è superiore a 30 (il BMI si ricava col rapporto tra peso (in chilogrammi) e altezza (in metri) al quadrato, ad esempio se il peso- o BMI, che si ricava col rapporto tra peso (in chilogrammi) e altezza (in metri) al quadrato, ad esempio peso 70, altezza 1,70 dà 70/(1,70*1,70=70/2,89=24 circa).
Gli americani in sovrappeso sono i due terzi della popolazione adulta e quelli obesi sono un terzo.
Perfino i bambini sono sempre più in sovrappeso e nell’obesità. Ciò rende loro difficile fare amicizie e spesso sono ritenuti pigri e trasandati, hanno spesso problemi comportamentali, bassa autostima che rischia di accompagnarli per sempre.
Inoltre incorrono spesso in problemi di salute: alti livelli di colesterolo, intolleranza al glucosio, diabete, ipertensione, apnea notturna, problemi ossei.
LE CONSEGUENZE PER GLI ADULTI
· difficoltà a giocare energicamente con i nipoti o i figli,
· a percorrere a piedi lunghe distanze,
· a trovare una sedia comoda al cinema o in aereo,
· una vita sessuale attiva,
· le spese sanitarie per l’obesità crescono continuamente e superavano i 200 miliardi di dollari già nel 2006,
Tutto questo avviene a causa di una cattiva informazione.
LA SOLUZIONE
La soluzione per dimagrire consiste:
· in una dieta di cibi vegetali integrali – quindi, non si devono consumare carboidrati raffinati, dolciumi, oli aggiunti e altri cibi spazzatura – e non si devono sostituire i latticini alla carne a differenza di quello che fanno alcuni vegetariani;
· e in una ragionevole dose di esercizi fisici.
Chi ha una predisposizione ereditaria deve essere ancora più rigoroso nell’alimentazione e negli esercizi fisici.
In un esperimento si ottenne la perdita di 4,5 chili in tre settimane, 7 in dodici settimane e 11 in un anno.
E’ inutile fare diete a breve termine. Si deve fare una scelta per tutta la vita.
PERCHE’ SARA’ EFFICACE ANCHE PER VOI
Bisogna sbarazzarsi dell’idea di contare le calorie. Si può mangiare quanto si vuole se si mangiano i cibi giusti (vedere capitolo 12 per i dettagli).
Inoltre, smettere di aspettarsi sacrifici, privazioni, cibo insipido. poiché quando si prova fame prolungatamente, il corpo rallenta il metabolismo globale. I cereali integrali, la verdura e la frutta sono molto meno densi di calorie e con le fibre dànno il senso di sazietà pur ingerendo meno calorie. Invece è molto difficile portare avanti per molto tempo la riduzione calorica con i cibi di origine animale.
I Cinesi sono più snelli degli Americani pur consumando più calorie, perché sono più attivi.
I vegetariani hanno un tasso di metabolismo
leggermente più alto quando sono a riposo, ossia bruciano una maggiore quantità
di calorie ingerite sotto forma di calore corporeo, invece di depositarle come
grasso corporeo.
ATTIVITA’ FISICA
Tutti gli studi attendibili mostrano che l’esercizio fisico svolto con regolarità mantiene il peso inferiore di 5-8 kg in confronto a chi non lo svolge.
Uno studio sugli animali da laboratorio ha mostrato che gli animali che assumevano il 5% di calorie tramite la caseina facevano spontaneamente il triplo di attività fisica rispetto a quelli che assumevano il 20% di calorie in forma di caseina.
Quando si assumono proteine vegetali il corpo agisce sul bilancio calorico per mantenere il peso corporeo rilasciando le calorie sotto forma di calore invece di accumularle sotto forma di grasso oppure incoraggiando a praticare più attività fisica.
NELLA GIUSTA DIREZIONE
L’obesità è il sintomo di cattiva salute più infausto che le nazioni occidentali si trovano attualmente ad affrontare. Ciò porterà il sistema sanitario a una pressione ancora più forte.
Molte persone stanno lavorando per arginare questo problema, ma lo fanno in modo sbagliato cioè con diete a breve termine che danneggiano la salute nel lungo periodo.
Altri fanno ricerche per trovare i geni che causano l’obesità, ma poi ne trovano sempre altri e inculcano l’idea che l’obesità sia una tara di famiglia. Sono state eseguite 3.700 analisi scientifiche sugli studi relativi alle cause dell’obesità e si sono ottenuti risultati molto modesti ma si è fatto ben poco per ostacolare l’avanzata dell’obesità.
I vegetariani hanno un tasso di metabolismo
leggermente più alto quando sono a riposo, ossia bruciano, sotto forma di
calore corporeo, una maggiore quantità di calorie ingerite invece di
depositarle come grasso corporeo.
Nel
capitolo 7 secondo paragrafo:
In
passato si chiamavano rispettivamente
diabete a esordio giovanile e diabete dell’adulto o senile?
CAPITOLO 7 – DIABETE
Esistono due forme di diabete quello di tipo 1 in cui il pancreas non riesce a produrre un’adeguata quantità di insulina e quello di tipo 2 in cui l’insulina è prodotta in quantità sufficiente ma non è efficace. In passato si chiamavano rispettivamente diabete infantile e diabete dell'adulto o senile, ma ora questi ultimi nomi sono stati abbandonati perché anche i bambini si ammalano sempre più spesso di diabete “senile”.
Il diabete ha molte complicanze:
cardiopatie, con maggiore rischio di morte;
ictus con rischio più elevato;
ipertensione;
cecità
nefropatia;
amputazione degli arti inferiori;
patologie dentarie;
complicazioni gastrointestinali, maggiore vulnerabilità ad altre malattie, morte.
I medicinali e la chirurgia non offrono ai malati terapie valide.
Negli USA il costo delle cure ai diabetici nel 2000 era pari a 130 miliardi di dollari, nel 2013 è balzato a 245 miliardi di dollari.
QUI APPARE E QUI SCOMPARE
Quasi un secolo fa H.P. Himsworth scoprì che al pari della maggior parte delle malattie croniche, il diabete compare laddove si mangia una maggior quantità di grassi anziché di carboidrati, ossia di alimenti di origine animale piuttosto che vegetale (ad esempio, negli USA il 20% delle morti sono causate dal diabete mentre nel Giappone è il 3%).
Una ricerca nel Sud America ha rivelato che l’elemento più associato al diabete è il sovrappeso. L’Uruguay è il paese americano che ha adottato maggiormente l’alimentazione “occidentale” ed è quello che ha i tassi più alti di diabete. Anche i più alti livelli di colesterolo sono associati al più alto livello di diabete.
ALL’INTERNO DI UNA SOLA POPOLAZIONE
I giapponesi emigrati negli USA consumavano una dieta ricca di grassi e avevano un tasso di diabete quattro volte maggiore dei loro connazionali che vivevano in Giappone.
CURARE L’INCURABILE
James Andersen insieme ad altri studiosi sperimentò gli effetti di una dieta ad alto tenore di fibre e carboidrati e a tenore basso di grassi su 25 soggetti affetti da diabete di tipo 1 e 25 affetti da diabete di tipo 2 in ambiente ospedaliero. Nessuno di loro era in sovrappeso e ricorrevano alle iniezioni di insulina per controllare il livello di zucchero nel sangue.
Nonostante che i diabetici di tipo 1 non possano produrre insulina, dopo due settimane di cibo vegetale integrale - e solo nella prima settimana di una o due fette sottili di carne arrostita o di salumi al giorno – dopo altre due settimane poterono ridurre la dose di insulina del 40% e i loro livelli di colesterolo erano scesi del 30%.
24 dei diabetici di tipo 2 smisero del tutto l’insulina.
In un altro esperimento con la sola dieta i livelli di colesterolo scesero del 32% (da 206 a 141 mf/dl) in due settimane e dopo quattro anni proseguendo la medesima dieta il colesterolo era rimasto basso.
Gli integratori di fibre non ottennero lo stesso effetto dei vegetali integrali.
Pure la dieta vegana otteneva risultati migliori di quelli della dieta raccomandata dalla associazione americana del diabete (ADA).
ABITUDINI DURE A MORIRE
Alcuni ritengono improbabile modificare lo stile di vita, ma dovrebbe essere considerato improbabile continuare a prendere medicine per tutta la vita.
CAPITOLO 8 – FORME COMUNI DI CANCRO: SENO, PROSTATA, INTESTINO CRASSO (COLON E RETTO)
L’autore ha riscontrato che gli effetti nutrizionali sulle malattie oncologiche sono praticamente gli stessi per tutte le tipologie, indipendentemente dai diversi fattori dell’iniziazione e dagli organi colpiti. Pertanto, tratta solo delle forme più comuni di cancro: seno, prostata e intestino crasso (colon e retto).
CANCRO DEL SENO
Una donna pensava di far asportare entrambe le mammelle alla propria figlia visto che in famiglia si erano avuti parecchi casi di cancro al seno.
L’Autore le rispose che la genetica influiva poco e che l’alimentazione influiva molto di più.
FATTORI DI RISCHIO
Il rischio di cancro al seno aumenta:
· col menarca (prima mestruazione) precoce,
· con la menopausa in età più avanzata,
· con alti livelli di ormoni femminili nel sangue,
· con elevati livelli di colesterolo endogeno.
Tutti questi fattori sono favoriti dagli alimenti di origine animale e dal basso consumo di fibre. In occidente l’esposizione delle donne agli estrogeni nell’arco della vita è pari a 2,5 volte quello della Cina rurale e si è riscontrato che anche il 17% in meno di estrogeno poteva essere alla base dell’enorme differenza nei tassi di cancro al seno tra USA e Cina, per di più c’è la differenza di esposizione all’estrogeno per 8 o 9 anni in meno.
Il guaio è che le donne sono tenute all’oscuro di questo dato scientifico.
I PROBLEMI COMUNI
GENI
Un gruppo di ricerca ha riscontrato che meno del 3% di tutti i cancri è attribuibile alla storia familiare. Altri ricercatori hanno stimato una percentuale maggiore. Tuttavia, la stragrande maggioranza di tali cancri non è dovuta al patrimonio genetico familiare.
Nel 1994 si è scoperto che la mutazione di alcuni geni mutati, il BRCA-1 e il BRCA-2 aumentava molto il rischio di cancro al seno e alle ovaie.
Tuttavia tali mutazioni si verificano solo nello 0,2% della popolazione. In futuro saranno scoperti anche altri geni mutati, ma la sola presenza dei geni non comporta necessariamente l’insorgenza della malattia, poiché i fattori ambientali e dietetici avranno sempre un ruolo centrale.
SCREENING E PREVENZIONE NON NUTRIZIONALE
Le donne che si sottopongono allo screening frequente hanno una mortalità lievemente inferiore rispetto alle altre nei successivi cinque anni.
L’Autore ritiene che si faccia un uso dubbio di questa statistica anche se ovviamente curandosi più precocemente la donna avrà maggiori possibilità di superare i cinque anni, ma questo non dimostra che le cure del cancro oggi siano migliori e nemmeno che prolunghino la vita.
(N. d. R.: al malato interessa vivere più a lungo realmente, anziché di sapere che il tempo che passa dalla diagnosi alla morte è più lungo. E' naturale che passi più tempo prima della morte con la diagnosi precoce. Infatti, immaginiamo che le terapie mediche non abbrevino né allunghino la vita, ecco cosa succede se una volta si scopriva il cancro quattro mesi prima della morte e oggi quattro anni prima.
Se nessuno si sottopone alla diagnosi precoce, la sopravvivenza resta di quattro mesi. Se la metà della popolazione si sottopone alla diagnosi precoce la sopravvivenza media sale a 26 mesi. Infatti (50*4+50*48) /100=26. Se tutti si sottopongono alla diagnosi precoce la sopravvivenza sale a 48 mesi (0*4+100*48) /100=48, cioè quattro anni. Anzi, perfino se le terapie abbreviassero la vita residua del malato del 99% risulterebbe un allungamento della sopravvivenza media da circa 1,22 a 14,61 giorni. Ben oltre 13 giorni in più!
I medici possono prevedere quando morirà un paziente con le loro cure, non quanto vivrebbe se si affidasse ad altre scuole mediche o se rifiutasse qualunque cura e magari digiunasse per abbreviare le sue sofferenze. Nella letteratura igienista ho trovato due casi di questo genere. Una donna di 80 anni aveva un tumore dietro un occhio e i medici non si sentirono di operarla. Allora smise di mangiare ma dopo pochi giorni il tumore si riassorbì e visse altri quattro anni. L’altra era una giovane dichiarata senza speranze dai medici e che volle digiunare per morire prima e, invece, guarì).
Si è introdotto il tamoxifene come mezzo per ridurre gli estrogeni, ma ormai è dimostrato che la rettifica dell’alimentazione può ottenere il medesimo risultato e senza bisogno di spendere centinaia di milioni di dollari per un farmaco che forse sarà efficace (e forse no), ma quasi sicuramente avrà effetti collaterali indesiderati.
Oltre a controllare e aspettare, ad assumere il tamoxifene per il resto della vita e alla mastectomia, alle donne si dovrebbe indicare una quarta opzione: una dieta priva di cibi di origine animale, al ridotto consumo di carboidrati raffinati e grassi aggiunti, evitare l’alcol e praticare molto esercizio fisico oltre al monitoraggio per i soggetti più a rischio.
L’efficacia della dieta è documentata nella ricerca sui soggetti umani con cardiopatie avanzate, diabete di tipo 2, cancro alla prostata precoce, melanoma avanzato e, nella ricerca su animali, cancro al fegato.
SOSTANZE CHIMICHE AMBIENTALI
In fatto di cancro al seno, le sostanze chimiche ambientali negli ultimi decenni sono state oggetto di discussione e si è dimostrato che esse perturbano l’equilibrio ormonale. Si ritiene che possano causare anomalie anche nell’apparato riproduttivo, malformazioni congenite e diabete di tipo 2.
Sono le diossine e i PCB (policlorobifenoli). Essi si accumulano nel grasso corporeo ma i soggetti umani non sono ritenuti esposti a un rischio grande purché non mangino troppi prodotti animali.
Vi sono anche gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici).
Per le lavoratrici esposte agli agenti chimici solo cinque su ventinove categorie professionali evidenziavano associazioni statisticamente significative col rischio di cancro al seno, ma attribuire il cancro a tali agenti chimici presenti negli alimenti è una strategia usata da molto tempo per non occuparsi del ruolo ben più importante dell’alimentazione.
Una volta ingeriti gli agenti chimici ambientali vengono detossificati dal fegato (a volte attivati) da un importante sistema enzimatico detto ossidasi a funzione mista. La nutrizione può modificare in modo rapido e sostanziale questa attività enzimatica, come l’autore ha dimostrato in un suo lavoro di quarant’anni prima.
L’esposizione alle sostanze chimiche innaturali è senz’altro da evitare, ma l’attenzione non va rivolta solo ad esse ma soprattutto ad una dieta di alimenti vegetali integrali.
TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA
La terapia ormonale sostitutiva non sembra avere quei vantaggi, per la salute delle donne in menopausa, che si speravano. Aumenta il rischio di cancro al seno del 26-30% a causa dell’aumento degli ormoni femminili in circolazione. Su 10.000 donne in menopausa si sono avuti 7 casi in più di cardiopatia, 8 in più di ictus e altrettanti di embolia polmonare. In compenso si sono avuti in meno 6 cancri colorettali e cinque fratture ossee.
Il cancro al seno nel 2003 è diminuito del 6,7% in corrispondenza a un calo del ricorso alla TOS e poi si è stabilizzato.
L’autore suggerisce piuttosto il ricorso alla dieta con cibi vegetali integrali. Così lo sbalzo degli ormoni femminili va da 40 a 15 come avviene nelle donne cinesi, anziché da 60 a 15 come nelle donne occidentali e ciò evita i disturbi della menopausa.
Contemporaneamente si riducono i rischi del cancro al seno e di cardiopatie, senza alcuno svantaggio.
CANCRO DELL’INTESTINO CRASSO (COMPRESO IL CANCRO COLORETTALE)
Esso è al quarto posto per mortalità tra i cancri di tutte le specie. Negli USA è al secondo posto.
DISCREPANZA GEOGRAFICA
Tale cancro è molto più diffuso nei paesi più sviluppati. Nella Repubblica Ceca il tasso di mortalità è pari a 34 su 100.000 tra gli uomini e in Bangladesh è pari a 0,63.
Gli studi condotti sui migranti, i quali non cambiano i loro geni passando da un paese all’altro, mostrano che essi vedono aumentare di molto la loro mortalità rispetto al paese di provenienza, pertanto se ne può dedurre che tale forma di cancro è nelle abitudini di vita, in particolare nell’alimentazione.
Il consumo di carne è il fattore più importante.
(N. d. R.: Il tracciato del grafico è praticamente una retta ascendente: maggiore è il consumo di carne per chili di peso, più sale la mortalità per cancro dell’intestino crasso).
I paesi che consumano più carne, più proteine animali, più zucchero e meno cereali integrali hanno tassi di cancro al colon di gran lunga più elevati.
LA CURA SPECIFICA
Il prof. Denis Burkitt riteneva che in larga misura ciò fosse dovuto a una grande differenza nel consumo di fibre.
Certamente una dieta di cereali integrali, ortaggi e frutta – per sua natura ricca di fibre – è efficace nel prevenire il cancro colorettale ma non si può sapere in che misura il merito sia da attribuire alle fibre.
I sudafricani bianchi hanno 17 volte più casi di cancro colorettale rispetto ai sudafricani neri che usavano molte più fibre presenti nel mais non raffinato.
Tuttavia alcuni studi più recenti mostrano che gli africani neri consumano ormai meno fibre dei bianchi poiché utilizzano il mais raffinato e nonostante ciò il loro tasso di cancro al colon resta basso, quindi per merito di un minor consumo di cibi animali:
77 grammi di proteine al giorno tra i sudafricani bianchi contro 25,
115 g di grassi totali contro 71,
408 mg di colesterolo contro 211.
ALTRI FATTORI
Si è ipotizzato che siano i fattori che favoriscono l’insulinoresistenza (poca frutta e verdura, alimentazione ricca di cibi animali e di carboidrati raffinati) favorisca anche il cancro colorettale.
Alcuni hanno dimostrato che le diete ricche di calcio - normalmente di latticini – inibiscono la crescita del cancro al colon, ma altri dicono che una dieta di graminacee lo fa meglio.
In realtà le aree in cui si consuma più calcio (Europa e Nord America) si hanno più alti tassi di cancro colorettale.
DIAGNOSTICA RIVELATRICE
La colonscopia consente di scoprire eventuali crescite anomale, come i polipi che spesso sono seguiti dai tumori. L’asportazione dei polipi riduce il rischio del cancro colorettale del 76-90%.
L’attribuzione di tali cancri ai geni ereditari accertati è solo dell’1-3% e il 10-30% si presenta in alcune famiglie, ma esso è ampiamente dovuto alla dieta.
D’altra parte, anche in presenza di elevato rischio genetico, una dieta vegetale integrale può evitare gran parte dei casi con una quota aggiuntiva di fibre.
CANCRO ALLA PROSTATA
Esso rappresenta il 25% di tutte le forme di cancro. Si ritiene che ci siano problemi alla prostata quando il PSA è superiore a 4.
La dieta riveste un ruolo di primo piano anche in questa patologia.
I tassi di cancro variano molto da paese a paese. Sono anche qui la dieta e gli stili di vita occidentali a essere correlati con tale cancro e in particolare col consumo dei latticini.
I MECCANISMI
Le ricerche dimostrano che c’è una correlazione tra il cancro alla prostata, i cibi di origine animale e una massiccia assunzione di latticini.
E’ il fattore di crescita IGF-1, insulino-simile che si sta rivelando un fattore predittivo di cancro alla prostata - come il colesterolo lo è per le cardiopatie – che in questa situazione ostacola, anziché favorire, l’eliminazione delle cellule vecchie. Però c’è anche la carenza di una proteina protettiva che lega e disattiva l’IGF-1. I cibi animali, come la carne e i latticini, aumentano la produzione dell’IGF-1.
E’ importante anche la vitamina D, per la quale è sufficiente prendere il sole per 15-30 minuti ogni due giorni, ma poi bisogna favorire la produzione di vitamina D “superattiva”.
· Le proteine di origine animale tendono a bloccare la produzione di vitamina D “superattiva” e ciò favorisce il cancro alla prostata.
· Anche il calcio presente nel latte, se è eccessivo, arresta la produzione della vitamina D “superattiva”.
· Livelli costantemente bassi di vitamina D superattiva creano condizioni favorevoli allo sviluppo di vari tipi di cancro.
IL LAVORO DEL DOTTOR ORNISH SUL CANCRO ALLA PROSTATA
Il dottor Ornish ha provato la dieta vegetariana anche sul cancro alla prostata e il cambiamento dello stile di vita.
Nel corso di 12 mesi i suoi pazienti ebbero un calo del PSA maggiore di quello del gruppo di controllo che seguiva la terapia standard.
Inoltre il sangue di tali pazienti reprimeva meglio la crescita del cancro nelle colture cellulari in misura assai maggiore di quanto avveniva col sangue del gruppo di controllo.
Dopo due anni il 27% di questo gruppo chiese la terapia convenzionale (chirurgia, radiazioni o chemioterapia) contro il 5% del gruppo della dieta.
Pertanto, dieta di cibi vegetali integrali e stile di vita possono far arrestare o regredire questo tipo di cancro.
Disgraziatamente le istituzioni – perfino le associazioni contro il cancro – non si adoperano per far conoscere queste possibilità.
Bisogna lavorare per riuscirci.
CAPITOLO 9 – MALATTIE AUTOIMMUNI
Il 7-10% della popolazione mondiale soffre di malattie autoimmuni che di solito sfociano nella perdita progressiva delle funzioni fisiche e mentali.
Spesso se ne presentano diverse nella medesima persona, ad esempio sclerosi multipla (SM) e diabete di tipo 1).
Esse sono più frequenti quanto più ci si allontana dall’equatore.
Vi è in comune che il sistema immunitario attacca il proprio corpo, oltre agli invasori estranei. Ciò avviene perché sostanze mal digerite entrano nel sangue e allora il sistema immunitario non le riconosce come parti del proprio corpo, le confonde con cellule somiglianti e distrugge anche queste.
IL DIABETE DI TIPO 1
E’ il latte vaccino che spesso fornisce molte delle proteine che il sistema immunitario considera aliene. Quando esse somigliano alle cellule del pancreas che producono l’insulina, attacca anche queste ultime. Così insorge il diabete di tipo 1.
In una ricerca si scoprì che tutti i 142 bambini diabetici esaminati avevano anticorpi superiori a 3,55 IgG. I bambini sani, invece, avevano tutti meno di 3,55 IgG. I bambini diabetici consumavano tutti più latte vaccino di quelli sani.
Sono state fatte molte ricerche a questo riguardo. I bambini che hanno un corredo genetico di un certo tipo se vengono svezzati prima di tre mesi dalla madre e da quel momento sono nutriti con latte vaccino presentano un rischio 13,1 volte maggiore di ammalarsi di diabete di tipo 1 rispetto a quelli che non hanno quei geni.
In un altro studio tale rapporto era pari a 11,3.
E’ sbagliato attribuire tutta la colpa ai geni:
· perché altre ricerche hanno mostrato che occorre un fattore scatenante per l’insorgenza della patologia;
· altrimenti un gemello di un bambino malato avrebbe una percentuale, di ammalarsi anche lui, vicina al 100%, mentre ciò è avvenuto nel 13-33% dei casi e magari tale 13-33% non è dovuto ai geni ma all’ambiente e alla medesima dieta;
· l’incidenza del diabete di tipo 1 mostra una correlazione molto alta col consumo di latticini consumati; in Finlandia il consumo di latte vaccino e il diabete sono 36 volte più del Giappone dove si consumano solo piccole quantità di latte;
· inoltre lo studio degli emigrati mostra che quando essi adottano le medesime abitudini dove risiedono, anche la morbilità si adegua, mostrando così che non è colpa dei geni;
· anche l’evoluzione delle patologie nel tempo fornisce la medesima indicazione.
Tuttavia a causa dei colossali interessi economici in gioco non si potrà mai affermare apertamente che il latte vaccino causa il diabete, perché subito si scatenerebbe una controversia finanziata dai produttori del latte per far mettere in dubbio la serietà della ricerca e indurre la gente a continuare il consumo del latte.
(N. d: R.: oltre tutto gli studi di quelli che vogliono screditare le conclusioni che vengono tratte dalla ricerca possono essere fatti in modo da ottenere risultati differenti e i dati possono essere anche inventati.
Suggerirei di consigliare alle mamme
· di non svezzare i bambini prima di tre mesi, se possibile, e di non ricorrere al latte di vacca, magari usare il succo fresco di arance o angurie o altro, come suggeriscono i grandi maestri della scuola medica dell’igiene naturale.
· di far eseguire controlli periodici ai bambini svezzati troppo presto che non stiano formando troppi anticorpi, per correre eventualmente subito ai ripari).
L’incidenza del diabete nel mondo sta aumentando del 3-5% all’anno.
Sarebbe tempo di divulgare i risultati delle ricerche anzidette, specialmente considerando che il latte vaccino aumenta la colesterolemia, l’aterogenesi precoce e la promozione del cancro.
LA CONTROVERSIA DELLE CONTROVERSIE
Le scoperte che giovano alla salute umana danneggiano gli interessi economici delle industrie farmaceutiche e delle aziende che producono o lavorano latte o carne o altro e allora esse arruolano dei cosiddetti scienziati affinché mettano in dubbio la validità delle scoperte suddette e il pubblico è felice di attribuire le malattie al destino.
(N. d. R.: … E di poter continuare a mettere in pratica il consiglio che ci è stato lasciato da Lorenzo il Magnifico:Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia.
Chi vuol esser lieto sia,
del doman non v’è certezza.
A questo punto, i signori del mondo della disinformazione dicono che la faccenda è controversa e non si affaticano a diffondere la scoperta “per non disturbare il pubblico” e per non rinunciare ai quattrini che le suddette industrie sono disposte a dare loro).
LA SCLEROSI MULTIPLA E ALTRE MALTTIE AUTOIMMUNI
Anche per la SM esistono abbondanti informazioni sul ruolo centrale del latte vaccino come fattore scatenante.
La malattia è cento volte più frequente nei paesi vicini ai poli nordici che all’equatore; e nell’Australia – la quale sta ancora più vicina al polo - altre sette volte in più dei paesi nordici.
Questa distribuzione è molto simile a quella delle altre malattie autoimmuni, compresi il diabete di tipo 1 e l’artrite reumatoide.
Il dottor Roy Swank – benché altri avessero ipotizzato che la responsabilità della SM fosse dei campi magnetici – pensò che fosse la dieta a base di cibi animali a elevato contenuto di grassi saturi la principale la causa della SM, considerato che questa patologia era molto più diffusa nelle zone interne rispetto alle zone costiere dove si mangiava pesce.
A 144 pazienti affetti da SM prescrisse una dieta con meno di 20 grammi di grassi saturi il giorno. Poi classificò i malati come “ligi alla dieta“ quelli che la rispettavano e “non ligi alla dieta” gli altri.
Swank constatò che la malattia progredì in modo ridotto in quelli ligi alla dieta, anche nei soggetti all’inizio dello stadio avanzato. Dopo trent’anni il 95% di quelli che avevano iniziato la cura nello stato iniziale erano rimasti solo lievemente disabili e per il restante 5% erano morti.
Quelli che non erano ligi alla dieta per l’80% erano morti.
Altre ricerche hanno riposto sempre più l’accento sul latte vaccino, constatando la correlazione tra il consumo di esso e la SM di qualsiasi latitudine o di presenza dei servizi medici, sia confrontando paesi diversi che stati diversi degli USA.
Anche in questo caso, l’esame dell’incidenza della SM sugli immigrati mostra che non sono i geni ma l’alimentazione – oltre che del latte vaccino anche della carne - la responsabile principale di tale malattia.
Tuttavia è stata anche ipotizzata pure l’influenza di un’ampia serie di virus, ma finora non si sono ancora raggiunte conclusioni fortemente convincenti.
Altri parlano di geni che predispongono alla malattia ma, secondo l’autore essi potrebbero essere responsabili al massimo solo di un quarto dei casi di SM.
CARATTERI COMUNI DELLE MALATTIE AUTOIMMUNI
Esistono molte decine di malattie autoimmuni:
· esse coinvolgono per definizione il sistema immunitario, che aggredisce proteine endogene scambiate per proteine estranee;
· si sono rivelate più frequenti alle più alte latitudini, dove c’è una presenza del sole meno costante;
· spesso ne sono presenti diverse nello stesso individuo;
· se sono studiate con riguardo all’alimentazione il consumo di cibo animale, soprattutto del latte vaccino, è correlato con una maggiore incidenza;
· sarebbe provato che uno o più virus possano scatenare l’insorgenza di diverse malattie autoimmuni;
· i “meccanismi di azione” (modalità di genesi delle malattie) hanno molto in comune (la mancanza di luce solare, il consumo di carne, il latte di mucca (vedere appendice C).
L’autore riferisce che la Federazione internazionale per la sclerosi multipla scriveva nel 2003 sul suo sito web: “non esistono prove attendibili che la SM sia dovuta a una dieta qualitativamente povera o carenze alimentari” e avvertiva che i regimi dietetici possono essere “dispendiosi” e “possono alterare il normale equilibrio nutrizionale”.
Poi precisa che oggi non c’è più la suddetta affermazione irresponsabile ma che tale Federazione ipotizza che le cause della SM siano legate a fattori ambientali e genetici senza dedicare una sola parola all’alimentazione.
(N. d. R.: Quanta ipocrisia e quanto cinismo! Poveri essere umani illusi che tali istituzioni siano fondate per il bene delle persone, anziché per salvaguardare gli interessi delle industrie farmaceutiche e di altri!).
CAPITOLO 10 – CONSEGUENZE DI VASTA PORTATA: PATOLOGIE OSSEE, RENALI, OCULARI E CEREBRALI
La dieta a base di cibi vegetali previene un’ampia gamma di malattie.
Non si tratta solo di cardiopatia, ma anche di obesità, diabete di tipo 2, cancro al seno, alla prostata, al colon, sclerosi multipla e altre malattie autoimmuni, osteoporosi, calcoli renali, cecità, disfunzione cognitiva e morbo di Alzheimer.
Ciò è dimostrato da un’ampia gamma di esperimenti e ricerche, pertanto la probabilità che si tratti di un puro caso è bassissima.
OSTEOPOROSI
Gli americani bevono più latte di quasi tutti i paesi del mondo, eppure le loro ossa non sono così forti come ci fanno credere i personaggi famosi che fanno pubblicità al latte, anzi le americane di oltre 50 anni sono ai primi posti per le fratture ossee dell’anca dopo l’Australia e la Nuova Zelanda dove si consuma ancora più latte. Tali fratture sono considerate un attenibile indicatore di osteoporosi.
Le proteine animali, a differenza di quelle vegetali, aumentano il carico acido nei tessuti dell’organismo il quale, per neutralizzare tale acidità, preleva il calcio delle ossa che così si indeboliscono.
(Il composto che ne deriva viene eliminato con le urine e conseguentemente aumenta la probabilità di formazione di calcoli renali).
In un’altra ricerca - durata sette anni- su più di mille donne dai 65 anni in su, è risultato che quelle che consumavano una maggiore percentuale di proteine animali rispetto a quelle vegetali presentavano fratture ossee 3,7 volte superiori rispetto alle donne con la proporzione più bassa.
E queste ultime ricavavano in media una quantità di proteine animali che era la metà di quella relativa al primo gruppo.
Cosa sarebbe avvenuto se tale percentuale fosse stata pari a 0 – 10%?
Uno studio che univa 87 indagini condotte in 33 paesi confrontava il consumo di proteine animali e vegetali e il tasso di fratture ossee e portava alla conclusione che un elevato consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali era sorprendentemente associato alla sparizione pressoché totale delle fratture ossee.
In Nigeria si consuma solo il 10% di proteine animali di quelle consumate in Germania e ha il 99% di fratture in meno.
In un’altra ricerca è risultato che l’assunzione di calcio, raccomandato alle donne in gravidanza e in allattamento, aumenta il rischio di fratture ossee, anziché diminuirlo.
L’elevato consumo di calcio è associato a un numero di fratture maggiore anziché minore.
Un professore di Harvard sosteneva che l’abuso di calcio finisce col guastare il meccanismo dell’ormone calcitriolo il quale fa assorbire una maggiore quantità di calcio quando ne occorre di più e lo fa eliminare quando non serve. Infatti le fratture dell’anca sono maggiori dove si fa abituale consumo di latticini.
Dev’esserci qualcosa di sbagliato nell'idea che la BMD (bone mineral density = densità minerale ossea) sia l’unico biomarcatore che conti per l’osteoporosi.
E’ molto più attendibile il rapporto tra proteine animali e vegetali nell’alimentazione per prevedere l’osteoporosi. La BMD non è associata a questo rapporto.
RENI
I calcoli renali possono causare nausea, vomito, irrequietezza (per lenire il dolore), dolore sordo (lombare, addominale, intermittente), tenesmo vescicale (stimolo a svuotare la vescica), minzioni frequenti, sangue nelle urine (ematuria), febbre (complicanze se c’è infezione), colica renale acuta (dolore al fianco per il calcolo che cerca di uscire dal minuscolo uretere).
Andare dal medico o al pronto soccorso. Non basta un’aspirina.
I calcoli più comuni sono costituiti da ossalato e calcio e sono rari nei Paesi in via di sviluppo.
Il dottor W.G. Robertson ha fatto oltre cento pubblicazioni scientifiche a partire dal 1970 circa.
Sono stati identificati sei fattori di rischio per i calcoli renali, ma il più importante è il consumo di proteine animali allo sviluppo di quattro dei suddetti fattori di rischio.
Robertson in uno studio ha constatato che si formano calcoli renali quando si superano i 21 g. al giorno di proteine animali.
Esso porta a un sensibile aumento delle concentrazioni di calcio e ossalato nelle urine nel giro di poche ore.
Il dottor Robertson è riuscito a risolvere il problema dei calcoli renali ricorrenti semplicemente eliminando le proteine animali dalla dieta.
La formazione di calcoli renali è aggravata da un abbondante consumo di latticini e di energia e da una scarsa assunzione di fibre.
Inoltre la formazione dei calcoli renali è iniziata dai radicali liberi e può essere prevenuta consumando alimenti vegetali contenenti antiossidanti (vedere cap.4). Una maggiore assunzione di acqua riduce la formazione di calcoli.
PROBLEMI OCULISTICI
Il cibo che consumiamo ha un effetto sulla vista. In particolare può portare alla degenerazione maculare o alla cataratta.
Anche qui sono i cibi animali a causare danni.
Tra broccoli, carote, spinaci, cavolo a foglia, zucca invernale e patata dolce gli alimenti vegetali che più si rivelavano capaci di prevenire la degenerazione maculare erano gli spinaci e il cavolo a foglia.
Invece inefficaci nella prevenzione si rivelavano i cavoli cappucci, i cavolfiori e i cavolini di Bruxelles, ossia gli ortaggi meno colorati.
Specialmente i carotenoidi presenti negli ortaggi a foglia verde scuro mostravano un effetto protettivo molto significativo, mentre gli integratori di alcune vitamine, fra cui il retinolo (“vitamina A preformata), la vitamina C e la vitamina E avevano poco effetto o nessuno.
Ancora una volta si vede che gli integratori procurano ricchezza a chi li produce ma non salute a noi.
Consumare piuttosto frutta e ortaggi dai colori vivaci.
Si può affermare che gli antiossidanti, soprattutto costituiti dai carotenoidi ha buone possibilità di prevenire la degenerazione maculare.
La cataratta è l’opacizzazione del cristallino. Vi si può rimediare con la sostituzione di esso con una lente artificiale
Essa è dovuta al danno causato dai radicali liberi. Pertanto si può prevenire consumando alimenti contenenti antiossidanti, in particolare la luteina e la zeaxantina contenute negli ortaggi verdi e a foglie dai colori intensi. I radicali liberi sono dovuti soprattutto ai cibi di origine animale.
DIETE PSICOATTIVE
Attualmente, l’Autore è più lento e ha bisogno di più riposini ogni giorno, ma – nonostante i suoi 82 anni – corre o cammina per 5-8 chilometri il giorno ed è molto attivo mentalmente grazie a un’alimentazione appropriata.
Oggi ci sono buone informazioni dietetiche per le due principali patologie relative al declino mentale.
La più lieve è l’indebolimento cognitivo (o disfunzione cognitiva) che esprime la ridotta capacità di ricordare e di pensare.
L’altra è la demenza che si può suddividere in demenza vascolare e in morbo di Alzheimer, il quale occupa il sesto posto nelle cause di morte.
I confronti tra nazioni hanno mostrato che si trovano molti più casi di Alzheimer dove si consumano più grassi e meno cereali e semi.
A sua volta l’indebolimento cognitivo è minore dove sono presenti più alti tassi di vitamina E nel sangue. Anche la vitamina C è benefica col suo potere antiossidante, queste due vitamine sono presenti quasi soltanto nel mondo vegetale. Invece il selenio lo è anche nel mondo animale.
Uno studio ha portato a concludere che una una dieta con una minore quantità di grassi, di grassi saturi e di colesterolo e più carboidrati, fibre, vitamine (in particolare C, E, betacaroteni) e sali minerali (ferro e zinco) migliorerebbe lo stato generale di salute e anche la funzione cognitiva.
La demenza prodotta dall’ictus è chiaramente influenzata dall’alimentazione.
L’acido folico – presente nei vegetali – agisce beneficamente.
L’omocisteina è invece dannosa ed è presente solo nei cibi animali. Una dieta a elevato contenuto di colesterolo favorisce la produzione della beta-amiloide comune nell’Alzheimer.
TERZA PARTE
GUIDA ALLA BUONA ALIMENTAZIONE
L’Autore ha notato che si usa spesso falsamente l’espressione “low-carb” per menu che non sono affatto a basso tenore di carboidrati.
E’ stato scritto che gli americani adorano sentir parlare bene delle loro cattive abitudini.
La realtà è che almeno alcuni di loro amano sentire la verità ma non la trovano perché è soffocata dalle fandonie. Solo una minima parte delle informazioni nutrizionali hanno salde basi scientifiche.
C’è una schiacciante mole di dati scientifici a favore di una sola dieta semplice e ottimale, quella a base di cibi integrali di origine vegetale.
CAPITOLO 11 – MANGIARE CORRETTAMENTE: OTTO PRINCIPI IN FATTO DI ALIMENTAZIONE E SALUTE
I benefici di uno stile sano di vita sono enormi. Si potrà aumentare la probabilità di:
vivere più a lungo;
apparire più giovani e sentirsi tali;
avere più energia;
perdere peso;
ridurre il colesterolo endogeno;
prevenire o addirittura far regredire le cardiopatie;
ridurre il rischio di cancro alla prostata, al seno e ad altri organi;
preservare la vista in età avanzata;
prevenire e curare il diabete;
evitare gi interventi chirurgici in diverse occasioni;
diminuire drasticamente il bisogno di farmaci;
conservare ossa forti;
evitare l’impotenza;
evitare l’ictus;
prevenire i calcoli renali;
proteggere i neonati dal diabete di tipo 1;
alleviare la stitichezza;
abbassare la pressione sanguigna;
evitare l’Alzheimer;
sconfiggere l’artrite.
Questi sono solo alcuni dei benefici possibili, semplicemente adottando una dieta più salutare.
OTTO PRINCIPI:
1 – L’alimentazione è il risultato di numerosissime sostanze nutritive. L’insieme di esse vale più della semplice somma delle innumerevoli sostanze contenute in un alimento. Solo da un alimento naturale si può trarre il massimo beneficio, non dagli integratori messi in commercio dagli speculatori.
2 – Gli integratori vitaminici non garantiscono la salute a lungo termine. Inoltre il loro utilizzo fa credere di poter così annullare i danni di una dieta scorretta.
Si pensava di poter diminuire il cancro al polmone con la vitamina A e con la vitamina E, ma dopo otto anni tale cancro era aumentato.
Le principali conclusioni delle ricerche scientifiche coincidevano nell’affermare che gli integratori sono sopravvalutati e che il loro valore è scarso o addirittura nullo.
Anche se non si sono ancora avute prove dell’utilità della loro integrazione può darsi che sia utile assumere:
· la vitamina B12 una volta adottata la dieta di cereali integrali, ortaggi e frutta e
· la vitamina D, soprattutto nei paesi vicini ai circoli polari, ma è consigliabile sentire il parere del medico.
3 – Nei cibi di origine animale non c’è praticamente alcuna sostanza che non sia più abbondante negli alimenti vegetali.
A parità di calorie assunte, nei cibi vegetali sono quasi sempre presenti maggiori le quantità di vitamine e sali minerali, salvo il colesterolo!
Alcuni vegetali sono più ricchi di grassi di quelli animali, ma tali grassi sono migliori di quelli degli alimenti animali.
Inoltre contengono molte più fibre e antiossidanti.
Quanto alla possibile carenza di vitamina B12, sarà opportuno sottoporsi a esami periodici per accertarne la disponibilità nel sangue, (magari controllando piuttosto i livelli di acido metilmalonico o dell’omocisteina che ne sono buoni indicatori). Oggi è più facile che ve ne sia carenza negli alimenti vegetali, stante il massiccio ricorso all’igienizzazione dei terreni e dei prodotti del suolo.
4 – Di per sé i geni non determinano la malattia. Funzionano solo se vengono attivati (o espressi) e l’alimentazione rivela un ruolo decisivo in tale espressione, come si è visto nell’introduzione e nel capitolo 3 al riguardo dell’aflatossina.
5 – l’alimentazione può controllare in modo sostanziale gli effetti avversi delle sostanze nutritive. C’è una convinzione diffusa che siano le sostanze chimiche aggiunte negli alimenti a causare il cancro. In realtà esso si stava diffondendo prima che venissero introdotte tali sostanze. E’ piuttosto lo squilibrio tra i vari componenti della carne a causare le malattie. La carne biologica è solo di poco migliore di quella che non lo è.
6 – la stessa alimentazione che previene la malattia negli stadi iniziali (prima della diagnosi) può anche arrestarla o farla regredire negli stadi successivi. La regressione, però, disgraziatamente non avviene riguardo alle malattie autoimmuni.
7 – Un’alimentazione che sia davvero benefica per una particolare malattia cronica sarà di vantaggio alla salute su tutta la linea.
Fortunatamente, basta un’unica dieta per procurare la buona salute e combattere la malattia su tutta la linea.
8 – una buona alimentazione procura una buona salute in tutti gli ambiti, anche quello mentale. In questi ultimi tempi si è parlato molto di salute “olistica”, anche da altre scuole mediche senza che sia stata dimostrata la loro efficacia.
WHOLE E OLISMO
Il libro Whole, Vegetale e integrale – Ripensare la scienza della nutrizione di T. Colin Campbell intende opporsi al riduzionismo per mettere in luce l’importanza della sinergia dei vari componenti del cibo.
Nel mondo scientifico il termine olismo è un anatema perché veicola l’idea che l’acquisizione della conoscenza sia fondata sulla fede o sia qualcosa di irrazionale piuttosto che la raccolta e la descrizione di una serie di osservazioni come fatti dotati di una forma e struttura logica.
Le nostre abitudini alimentari hanno un effetto incredibile anche sul pianeta, poiché tutto è interconnesso.
UN SOSPIRO DI SOLLIEVO
Per l’Autore i principi delineati in questo capitolo focalizzati inizialmente su dieta e cancro nei ratti si sono poi estesi si sono poi estesi a una serie di interrogativi sulla salute degli individui e delle società di tutto il mondo.
I principi esposti all’inizio di questo capitolo sono un tentativo di risposta a tali domande e possono contribuire a ridurre la confusione pubblica in materia di alimentazione e salute.
Non è il caso di sobbalzare sulla sedia quando si sente parlare della scoperta di una nuova sostanza cancerogena o della risoluzione di una malattia grazie alla ricerca genetica.
Tali principi sono benefici per gli individui, per la società e per il pianeta.
CAPITOLO 12 – COME MANGIARE
Le diete hanno raramente successo perché occorre contare i punti, le porzioni oppure mangiare specifiche quantità di cibi in base a particolari rapporti matematici. Ci sono strumenti da utilizzare, integratori da prendere e tabelle da compilare.
La biologia relativa al rapporto tra cibo e salute è straordinariamente complessa ma il messaggio è seguire una dieta a base di cibi integrali vegetali e ridurre al minimo il consumo di alimenti raffinati e di sali e grassi aggiunti. Vedere la tabella seguente.
CATEGORIA GENERALE | ESEMPI SPECIFICI |
FRUTTI | anguria, arancia, avocado, cetriolo, fragole, gombo, kiwi, lampone, mango, mela, melanzana, mirtilli rossi, mirtilli, more, papaia, peperone rosso, peperone verde, pera, pesca, pomodoro, pompelmo, zucca butternut, zucca verde, zucca, zucchini |
VERDURE | |
Fiori | broccoli, cavolfiore (la quantità di fiori commestibili è immensa, ma solo pochi vengono mangiati comunemente |
Gambi e foglie | alghe, asparagi, basilico, bietola, bok-choy, carciofi, cavolini di Bruxelles, cavolo a foglie, cavolo cappuccio, cavolo riccio, coriandolo, foglie di barbabietola, foglie di rapa, foglie di senape indiana, indivia belga, lattuga (tutte le varietà), prezzemolo, rabarbaro, rucola, sedano, spinaci |
Radici | agli, barbabietole, carote, cipolle, patate (tutte le varietà), porri, rape, ravanelli, rutabaga, zenzero |
Leguminose (piante spermatofite azotofissatrici | arachidi, cannellini, ceci, fagioli azuki, fagioli bianchi, fagioli dall'occhio nero, fagioli di soia, fagioli neri, fagioli pinto, fagioli rossi, fagiolini, lenticchie, piselli |
Funghi | champignons, cremini, pleurotus, portobello, shiitake |
Frutta a guscio | anacardi, mandorle, nocciole, noci macadamia, noci pecan, noci, pistacchi |
CEREALI INTEGRALI (nel pane, nella pasta, ecc.) | amaranto, avena, frumento, grano saraceno, kamut, mais, miglio, orzo, quinoa, riso, segale, sorgo, spelta, teff |
RIDURRE AL MINIMO | |
Carboidrati raffinati | cracker, pane bianco, pasta (tranne le varietà integrali), zuccheri e la maggior parte dei dolci e dei prodotti di pasticceria |
Oli vegetali aggiunti | olio di arachidi, olio di mais, olio d’oliva |
Pesce | salmone, tonno, merluzzo |
EVITARE | |
Carne | bistecche, hamburger, strutto |
Pollame | pollo, tacchino |
Latticini | formaggio, latte, yogurt |
Uova | uova e prodotti che le contengono in quantità elevate (per esempio maionese) |
INTEGRATORI
Si incoraggia l’assunzione di vitamina B12 e magari di vitamina D per chi passa la maggior parte del tempo al chiuso o nei paesi vicini ai circoli polari senza superare i livelli di assunzione raccomandati (RDA) dalla scienza della nutrizione per la massima salute e la minima incidenza di cardiopatie, cancro, obesità e molte altre malattie occidentali.
E’ MEGLIO ELIMINARE DEL TUTTO LA CARNE?
Sì, quantomeno per chiunque abbia una predisposizione alle malattie degenerative, ma è meglio per tutti farlo, perché solo in questo modo ci si libera definitivamente in un mese dalla dipendenza fisiologica che insorge quando ci si alimenta con grandi quantità di grassi e carboidrati raffinati.
VOLETE PROVARCI?
Molti non prendono seriamente la proposta di adottare la dieta vegetariana, nonostante gli straordinari benefici che essa promette, ma l'Autore consiglia loro di provarci per solo mese. Ciò non procurerà loro benefici a lungo termine, ma basterà a far scoprire loro quattro cose:
· gusteranno un mucchio di cibi prelibati;
· alcuni si adattano in fretta e finiscono per innamorarsene e si accorgeranno che è molto più semplice;
· si sentiranno meglio e magari perderanno anche un po’ di peso. Magari fare gli esami del sangue prima e dopo e già si vedranno sensibili miglioramenti;
· scopriranno che è fattibile e anche fantastico.
LA TRANSIZIONE
· Durante la prima settimana si possono avere disturbi di stomaco che si sta adeguando.
· Occorre un po’ di tempo per trovare nuove ricette, scoprire nuove specialità, nuovi ristoranti.
· Bisogna vincere il pregiudizio che i pasti senza carne non sono completi.
· Bisogna adattarsi al fatto di non poter frequentare i ristoranti preferiti.
· Amici, parenti e colleghi potrebbero non appoggiarci magari perché loro non sono riusciti a cambiare.
· A lungo andare la dieta con solo vegetali è più economica.
· Mangiare bene, sperimentando tutti i ristoranti, specialmente quelli vegani.
· Mangiare a sufficienza, evitare di patire la fame.
· Seguire una dieta varia, per procurarsi tutte le sostanze nutritive necessarie.
DIETA VEGETRIANA E VEGANA CONTRO ALIMENTAZIONE A BASE DI ALIMENTI INTEGRALI DI ORIGINE VEGETALE
Le diete vegetariane o vegane, il più delle volte, sono scelte per motivi ideologici e spesso sono limitate nella varietà nutritiva. Inoltre alcuni continuano a mangiare latticini e pure le uova e magari cibi trasformati e ricchi di grassi, zuccheri e sale.
Al contrario, l’Autore raccomanda una dieta di soli vegetali integrali con il 10% delle calorie dai grassi, il 10% dalle proteine e l’80% dai carboidrati.
Le proteine possono salire al 15% o oltre, se sono vegetali.
(N. d. R.: tenere presente che un grammo di carboidrati o di proteine contiene circa quattro calorie, mentre un grammo di grassi contiene oltre nove calorie).
Andate a unirvi all’avanguardia che sta lavorando per un futuro più sano e snello.
I CONSIGLI DI GLENN
Egli ha trovato ricette vegetariane, di spaghetti integrali, di salsa di finta carne a base di soia, ha riscoperto la frutta. Trascinato in pizzeria da un gruppo, ha potuto ordinare una pizza senza mozzarella ma gliel’hanno fatta addirittura con farina integrale e gli è piaciuta molto.
Ha cominciato a mangiare come un matto e godendosi molto il cibo. Era in sovrappeso, ma dopo un solo mese ha perso tre chili e mezzo e il suo colesterolo è sceso drasticamente. Non trova più motivi per riprendere più le vecchie abitudini alimentari.
IL PIANO CAMPBELL, DI THOMAS M. CAMPBELL, M.D.
Decidete di non mangiare per un mese cibo portato da altri sul luogo di lavoro, spiegando che cosa state cercando di fare.
E’ meglio fare cambiamenti radicali poiché i compromessi comportano difficoltà maggiori.
In Italia di due libri di tale dottore è uscito solo il libro IL PIANO CAMPBELL, editrice Sperling & Kupfer. Esso contiene ricette e risposte alle domande sul cibo da mangiare.
L’alimentazione non può prevenire e far regredire tutte le malattie ma l’Autore non ha visto nessun intervento medico con una gamma così ampia di benefici.
QUARTA PARTE
PERCHE’ NON NE AVETE MAI SENTITO PARLARE PRIMA D’ORA?
La gente non viene messa a conoscenza di ciò che giova alla salute perché ciò farebbe crollare il giro degli affari delle varie industrie alimentari e farmaceutiche.
Non si tratta della falsificazione dei dati, ma della promozione del profitto a danno della salute da parte dell’intero sistema (governo, scienza, medicina, industria, media e ambiente accademico).
CAPITOLO 13 – SCIENZA: IL LATO OSCURO
Chi ha problemi di salute è pronto a credere e a provare qualsiasi cosa è presentata come utile. Così è successo per il laetrile. In seguito il suo uso è stato abolito dalla FDA.
IL MIO CONTRIBUTO
Dopo aver lavorato nelle Filippine, l’autore entrò a far parte di una commissione della FASEB (federazione di società americane per biologia sperimentale) e gli fu proposto di far parte del comitato PNIC (Public Nutrition Information Committee) col compito di decidere quali sane informazioni nutrizionali fornire al pubblico.
UNA GROSSA SORPRESA
La NAS (accademia nazionale delle scienze) riceveva dei finanziamenti per studiare la relazione tra nutrizione e cancro e stendere un rapporto, ma dentro di essa c’erano sei commissioni una delle quali era la FNB (Food and Nutrition Board?) fortemente influenzata dalle industrie della carne, dei latticini e delle uova attraverso i commissari Bob Olson e Alf Harper, loro consulenti.
Costoro temevano che il rapporto avrebbe potuto influenzare fortemente l’opinione pubblica indicando come possibile causa del cancro la “fantastica dieta americana”, come la dichiaravano loro.
Allora fondarono un Comitato di informazione pubblica sulla nutrizione costituito da 18 scienziati tra cui Colin Campbell, il quale in seguito scoprì che, tranne lui, erano tutti legati al mondo commerciale.
LA PRIMA RIUNIONE
Il presidente Tom Jukes fece girare una proposta di un comunicato stampa che elencava esempi di frodi alimentari, tra cui erano gli obiettivi dietetici del 1977 di McGovern, i quali consigliavano un minor consumo di carne e di grassi e un maggior apporto di frutta e verdura per prevenire le cardiopatie.
Campbell mostrò le sue perplessità a Harper che subito suggerì di tenere in sospeso il comunicato.
Qualche settimana dopo Campbell vide in televisione una trasmissione intitolata “Per una dieta salutare” in cui Bob Olson affermava che il modo di nutrirsi degli americani era più che corretto e che gli hamburger di McDonalds andavano benissimo.
SECONDA RIUNIONE
Campbell seppe che Olson aveva deciso di riformare il comitato rendendolo permanente e che Campbell fosse estromesso, ma lui fu l’unico ad opporsi affermando che quel comitato e le sue attività sapessero di maccartismo (N. d. R.: da McCarthy J. R, 1909-1957, senatore americano che varò una campagna discriminatoria contro gli intellettuali e militanti comunisti) anziché di ricerca scientifica.
Campbell riferì alla presidentessa questi fatti e la presidenza della commissione fu data a lui, che però dopo sei mesi convinse i rimanenti sei scienziati a sciogliere il comitato.
Si era ormai accorto che, altrimenti, sarebbe poi stato impossibile ottenere finanziamenti per la ricerca dato il potere di quei decani che pensavano a mantenere lo status quo anziché alla salute pubblica.
LA ZAPPA SUI PIEDI
Campbell continuò a lavorare al rapporto su dieta, nutrizione e cancro della NAS che poi fu dato alla stampa.
In esso si suggeriva di consumare frutta, verdura e cereali integrali e di ridurre l’apporto dei grassi, ma si fecero avanti il CAST (Consiglio sull’agricoltura, scienza e tecnologia) che produsse un rapporto che riassumeva l’opinione di cinquantasei “esperti” preoccupati di possibili effetti del nostro rapporto NAS sulle industrie agroalimentari.
Ben presto si fecero avanti altri gruppi a criticare tale rapporto: l’Istituto americano dei produttori di carne, la federazione nazionale dei produttori di latte, il Consiglio nazionale dei produttori di carne suina e la Federazione nazionale degli allevatori di tacchini.
Allora Alf Harper scrisse severamente a Campbell che si era dato la zappa sui piedi.
L’ISTITUTO AMERICANO PER LA RICERCA SUL CANCRO
Campbell fu invitato ad assistere l’American institute for Cancer Research in Virginia i cui fondatori raccoglievano ingenti somme di denaro per mezzo di campagne postali. Egli li incoraggiò a concentrare l’attenzione sulla dieta perché essa stava diventando campo di ricerca.
Tuttavia, ciò costituiva una minaccia per l’industria alimentare, medica e farmaceutica. Vi furono aspre interferenze governative, delle procure e delle procedure per la raccolta fondi.
Anche il Ministero delle poste si lanciò nella mischia mettendo in dubbio che l’AICR potesse servirsi delle poste per diffondere informazioni “spazzatura”. L’associazione americana per la lotta contro i tumori (ACS) divenne una detrattrice molto agguerrita. Quando poi constatò che l’idea della dieta si stava diffondendo tra il pubblico, propose all’AICR di unire gli sforzi, ma la richiesta fu respinta.
DISINFORMAZIONE
Allora l’ACS diffuse la diceria che l’AICR era costituito da otto o nove medici screditati, diversi dei quali avevano scontato un periodo di detenzione.
CONSEGUENZE PERSONALI
Campbell fu informato che Olson e Harper avevano chiesto la sua espulsione dall’associazione per la nutrizione e dovette recarsi a Washington a rispondere alle domande del proprio presidente e del direttore della FDA principalmente a riguardo dell’AICR. In seguito seppe che il suo compito era di difendere la dieta americana così com’era. Non avendolo fatto, il suo impegno personale nell’AICR e la sua approvazione del rapporto NAS non avevano fatto altro che peggiorare le cose.
Tuttavia, fu convocato il consiglio per deliberare l’espulsione dalla società ma, con 6 voti contro 0 e due astensioni Campbell superò la prova.
Le imprese biotecnologiche e alimentari rappresentavano una strana associazione tra l’industria e la sua associazione che non poteva essere interessata a sostenere l’indagine scientifica qualunque fossero le cui conclusioni a cui essa potrà arrivare.
CONSEGUENZE PER IL PUBBLICO
Queste esperienze illustrano il lato oscuro della scienza. Nelle posizioni governative e accademiche ci sono individui che operano sotto la maschera di “esperti” scientifici ma il cui vero lavoro consiste nel soffocare il vero dibattito scientifico onesto e aperto.
Esistono scienziati i cui familiari sono morti di cancro che sono contrariati dalla possibilità che scelte personali come la dieta avrebbero potuto avere un ruolo nella morte dei loro cari. Altri scienziati abituati fin da bambini a consumare cibi animali non vogliono cambiare le loro abitudini. Alcuni di loro sarebbero disposti a vendere l’anima al miglior offerente, magari non sono molti ma la loro influenza è molto vasta.
CAPITOLO 14 – RIDUZIONISMO SCIENTIFICO
Al momento di riassumere la ricerca sulla dieta e sul cancro, il comitato dell’Accademia nazionale delle scienze (NAS) su dieta, nutrizione e cancro si decise di esaminare separatamente informazioni sulle vitamine A, C, E e alcune delle vitamine B, ma poi si raccomandò di non prenderle sotto forma di integratori ma soltanto per mezzo dei cibi.
Allora la General Nutrition Company pensò di fare soldi immettendo sul mercato degli integratori come capaci di prevenire il cancro e vi aggiunsero un mezzo grammo di verdure disidratate facendole passare per raccomandate dalla NAS. La commissione federale per il commercio fece causa e quell’azienda che dopo vari anni fu condannata.
L’ATTENZIONE SUI GRASSI
L’Autore oggi ritiene un grosso errore l’aver portato l’attenzione sui singoli principi nutritivi, cioè grassi, proteine, carboidrati, vitamine e minerali, invece di riferirsi agli alimenti nel loro insieme.
Così, ai fini della prevenzione del cancro, si era proposto di ridurre l’apporto di grassi dal 40 al 30% (per il timore della USDA che si dovesse altrimenti ridurre il consumo del cibo animale altrimenti si sarebbe condannato il rapporto alla morte) quantunque si ritenesse utile scendere più in basso.
In realtà tutti gli studi provavano che le popolazioni più affette da tumore non consumavano solo più grassi, ma anche più proteine animali, più colesterolo e meno cibi vegetali. Pertanto, gli effetti nocivi potevano provenire dalle proteine animali, dal colesterolo o dalla scarsità delle fibre.
E’ questo il riduzionismo scientifico.
INFERMIERE CARNIVORE
Lo studio su 120.000 infermiere americane (Nurses’ Health Study) protratto per tre decenni mostrò la relazione tra le diete e le malattie, ma seminava confusione e disinformazione. Le infermiere consumavano il 19% delle loro calorie sotto forma di proteine, mentre la media americana era pari al 15-16%. L’autore allude ai grafici 4.7, 4.8 e 4.9 che riportano la mortalità per cancro al seno in rapporto, rispettivamente, ai grassi totali, grassi animali e grassi vegetali.
Nel paragrafo GRASSI E CANCRO AL SENO si faceva notare che in realtà quando si mangiano cibi animali insieme a molti grassi si mangiano contemporaneamente anche molte proteine animali.
Forse l’autore vuole dire che sono le proteine animali la causa del cancro al seno.
Riguardo ai grassi vegetali c’è molta dispersione, mentre rispetto ai grassi totali e ai grassi animali - associati con le proteine - c’è una stretta correlazione col cancro al seno.
GRASSI CONTRO CIBI DI ORIGINE ANIMALE
Riducendo i grassi le infermiere non hanno ridotto il consumo di cibo di origine animale, hanno sostituito i grassi dei cibi animali con più proteine animali e ridotto i grassi per cucinare, perché si è fatto loro credere che in questo modo la loro dieta sarebbe stata più sana.
Si sarebbe dovuto, invece, fare il confronto tra la dieta delle infermiere e quella delle cinesi (o di un gruppo di donne americane disposte a usare i cibi vegetali).
I RISULTATI DA 100 (E PIU’) MILIONI DI DOLLARI
Le conclusioni del Nurses’ Health Study riguardanti il cancro al seno furono che:
fornisce prove contrarie sia a un influsso avverso dei grassi, sia a un effetto protettivo delle fibre o a che un minor apporto di grassi riduca il rischio;
· i grassi “buoni” non riducono il rischio;
· non è confermato un beneficio dell’attività fisica;
· è debole l’effetto positivo derivante da una sostituzione dei carboidrati ai grassi;
· è debole anche l’effetto dell’assunzione di selenio;
· il consumo di frutta e verdura non ha effetti significativi.
Ciò equivale a dire che la dieta non è in alcun modo in relazione col cancro al seno.
SVELARE IL RAPPORTO TRA DIETA E CANCRO
Riguardo all’utilità del consumo di fibre, l’Autore afferma che:
· tra gli americani è ridottissimo il consumo di esse, le quali probabilmente proteggono quando si smette di consumare il cibo animale.
· D’altra parte serve a poco, o a nulla, mettere insieme parecchi studi che hanno il medesimo errore di base.
LA MIA CRITICA VIENE IGNORATA
I ricercatori risposero a Campbell, ma arroccandosi sulla loro difesa dell’opportunità di determinare il rischio di malattia di singole sostanze nutritive.
Campbell affermava che le diete vegetali, naturalmente povere di grassi, dovevano essere sperimentate anch’esse nel Nurses’ Health Study. Willet gli rispondeva che poteva aver ragione ma non è questo che la gente vuole.
Colin ribatteva che il compito della scienza non è quello di assecondare a tutti i costi i presunti desideri della gente, ma di formulare ipotesi, verificarle e interpretare i risultati senza pregiudizi. Ai consumatori spetta poi la scelta se accogliere o no le informazioni della scienza.
(N. d. R.: tutto sommato, si potrebbe benissimo sfidare i signori che affermano che “questa o quella questione è controversa” (quando non è conforme ai loro interessi…), a mettere al corrente tutti i cittadini dei risultati di queste ricerche e lasciare che dei volontari, in numero limitato, scegliessero se continuare a mangiare all’americana o adottare il vegetalismo, - con l’obbligo di dichiarare la propria scelta e di conservare gli scontrini della spesa alimentare per fornire la prova di cosa si è mangiato - e poi confrontare i risultati conseguiti da tali due gruppi).
UN’OCCASIONE DI SVOLTA?
I riduzionisti parlano di esaminare gli effetti di singoli componenti della dieta sul rischio di malattie o sulla loro guarigione. Intanto da ricerche eseguite si scopre che gli integratori sono quasi tutti inefficaci o addirittura aumentano il rischio di malattie.
Questo potrebbe finalmente portare a prendere in serio esame l’idea di una dieta di vegetali integrali.
CAPITOLO 15 – LA “SCIENZA” DELL’INDUSTRIA
Siamo tutti utenti della fame e della morte, pertanto spendiamo molto nel cibo e per ritardare la morte e ciò rende molto influenti le industrie alimentari e quelle della salute. Entrambe cercano di estendere il loro giro di affari.
IL CLUB DELL’AEROPORTO
Il Comitato nazionale dei prodotti caseari e un istituto dei produttori di carne – così chiamato da Campbell perché l’ultima riunione si era svolta in un aeroporto - aveva ingaggiato sette grossi scienziati affinché indagassero su qualunque ricerca che potesse danneggiare gli interessi di tali industrie, per preparare la propria versione dei fatti.
Campbell venne a scoprire di essere spiato sia per il suo lavoro relativo al progetto Cina, sia presso l’AICR.
E’ comprensibile che le aziende si cautelino, ma si tratta di un’attività pericolosa per la salute e perché corrompe la scienza.
GRUPPI POTENTI
Il primo dei finanziatori di tale club si prefiggeva di aumentare il consumo di latte e derivati insieme ad altri gruppi alimentari come Lellogg’s, Kraft e Mc Donald’s con l’intento di indurli a consumare il latte a vita e di interessare anche i genitori, gli educatori e i professionisti di ristorazione scolastica.
Pertanto, l’America sta affidando all’industria casearia il compito di educare i bambini in tema di alimentazione e salute.
Naturalmente, né i bambini, né i loro genitori vengono a sapere che il latte è stato associato al diabete di tipo 1, al cancro alla prostata, all’osteoporosi, alla sclerosi multipla e ad altre malattie autoimmuni, né che la caseina promuove il cancro, il colesterolo endogeno e la placca aterosclerotica.
ACIDO LINOLEICO CONIUGATO
L’industria casearia si rivolge anche agli adulti ponendo un forte accento sulla “scienza” cioè di generare la ricerca con la quale dimostrare che il cancro allo stomaco si può prevenire bevendo latte di mucca e contestare così il crescente numero di prove dell’associazione di alimenti animali col cancro e malattie affini.
Nel rumine dei bovini si trova un insolito gruppo di acidi grassi chiamato acido linoleico coniugato, prodotto a partire dall’acido linoleico presente nell’olio di mais.
Si somministrò ai topi prima il CLA e poi il benzopirene, sostanza lievemente cancerogena. In questo modo l’attività del sistema enzimatico veniva stimolata e riusciva a eliminare con maggiore efficacia la sostanza cancerogena. Pertanto, il CLA poteva essere fatto passare per un anticancerogeno.
Inoltre, mancava ancora la sperimentazione su soggetti umani.
LA SCIENZA DELL’INDUSTRIA
Tale vicenda mostra come l’industria utilizzi la scienza per incrementare la domanda dei suoi prodotti e fare più utili. Nella migliore delle ipotesi tale scienza confonde le idee al pubblico, nella peggiore induce gli ignari consumatori a mangiare cibi che in realtà sono nocivi e tutto questo in nome di una salute migliore.
Ciò avviene senza che il pubblico sappia che la ricerca è stata finanziata da quelle industrie per aumentare le loro vendite e sfruttando la reputazione di cui gode il mondo accademico.
L’ARTE DEL RITOCCO INDUSTRIALE
Come il mondo accademico, l’industria è un'altra protagonista del riduzionismo scientifico che mina le nostre conoscenze sui modelli dietetici e la malattia.
Il professor Dale Baumann, vecchio amico dell’industria degli alimenti di origine animale, vorrebbe ritoccarli per prevenire il cancro senza cambiamenti radicali nell’alimentazione, cioè senza passare ai vegetali integrali. Come tanti altri, egli vuole che ci affidiamo alla tecnologia invece di lavorare con la natura per conservare la salute.
All’inizio del terzo millennio l’industria dei cibi di origine vegetale si era fatta prendere dall’entusiasmo per la “scoperta” di un nuovo carotenoide, il licopene, la sostanza che dà ai pomodori il colore rosso e si era data notizia che chi mangiava più pomodori correva minor rischio di cancro alla prostata, uno dei più diffusi tra gli uomini.
Allora gli strateghi del marketing si concentrarono sul licopene, anziché sui pomodori. Si fecero ricerche che davano risultati differenti sull’utilità di esso. Infine, nel 2016 un’analisi della letteratura scientifica sul licopene come integratore ha concluso che non esistono prove convincenti che il licopene assunto come integratore produca benefici superiori a quelli ottenuti consumando un pomodoro. Anzi, dosi elevate di licopene erano associate a un’incidenza maggiore di cancro alla prostata.
I BENEFICI DICHIARATI DELLA FRUTTA
Tutti sanno che le arance contengono la vitamina C, ma pochissimi sanno che parecchi ortaggi ne contengono di più, ad esempio peperoni, fragole, broccoli e piselli. La papaya ne contiene quattro volte di più.
Inoltre, sotto l’aspetto dell’effetto antiossidante, nell’arancia la vitamina C rappresenta solo l’1-2%. D’altra parte la misurazione dell’effetto antiossidante in una provetta non può ricreare la stessa attività che si verifica nell’organismo.
E’ pericoloso estrapolare un dettaglio fuori contesto e fare poi affermazioni sulla dieta e la salute.
La cosa peggiore è che l’industria inquina le prove scientifiche, anche se i suoi prodotti sono stati messi in relazione con gravi problemi di salute.
Come è stato proibito alle industrie di tabacco e di alcol di proporre i loro prodotti ai bambini, così si dovrebbe fare anche relativamente al cibo, poiché il danno a lungo termine potrebbe essere incalcolabile.
IL CATTIVO USO DELLA SCIENZA PROSEGUE INARRESTATO
La domanda fondamentale non è sul perché ci siano tante storie di questo tipo, ma perché tanta gente continui a stupirsene, visto che gli investitori chiedono affari redditizi e se ciò non avviene sostituiscono i dirigenti delle aziende.
Ma quando si tratta del business dei prodotti per la salute e della loro commercializzazione, il fattore trainante non può essere quello che rende meglio, bensì l’accuratezza e l’affidabilità delle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite dall’industria.
CAPITOLO 16 – GOVERNO: DALLA PARTE DELLA GENTE?
Negli ultimi due decenni abbiamo acquisito prove sostanziali del fatto che le malattie croniche possono essere in parte attribuite a una cattiva alimentazione.
Si muore di più per quello che si mangia che non per l'uso del tabacco, per gli incidenti di vario genere o qualsiasi altro fattore dovuto allo stile di vita o all'ambiente. Il Governo, per prevenire dolore e sofferenze, dovrebbe dire chiaramente alla gente di consumare meno prodotti animali e prodotti vegetali raffinati e più prodotti vegetali integrali.
Invece dice che la carne, i latticini e i prodotti raffinati fanno bene fingendo di non vedere né le prove scientifiche, né i milioni di americani che soffrono delle malattie collegate all'alimentazione.
VALORE DIETETICI DI RIFERIMENTO: L’ULTIMA MINACCIA
Il governo americano consiglia valori del 10-35% per le proteine in rapporto alle calorie totali, il 20-35% per i grassi, il 45-65% per i carboidrati e fino al 25% per gli zuccheri nei dolciumi o per gli zuccheri aggiunti.
PROTEINE
In proporzione all’apporto calorico totale è necessario solo il 5-6% (delle calorie) di proteine nella dieta per rimpiazzare quelle espulse regolarmente dall’organismo. Tuttavia, da circa cinquant’anni è raccomandato il 9-10% come dose giornaliera dell’RDA.
Gli americani ne consumano approssimativamente dall’11 al 21% con una media del 15-16% e quelli che praticano il culturismo superano il 21%.
Il comitato della FNB è arrivato a raccomandare un range del 10-35% per prevenire il cancro e le cardiopatie, affermando che è lo stesso indicato nei rapporti precedenti, ma al Campbell non risulta che sia mai stato previsto un livello così alto.
Allora ha consultato vari componenti di quel comitato che gli hanno detto che non ne sapevano nulla. Quanto al presidente, gli hanno risposto che aveva abbandonato la seduta per assumere una posizione di alta dirigenza in una multinazionale alimentare, un’azienda a cui queste raccomandazioni dietetiche faranno sicuramente venire l’acquolina in bocca.
In questo libro, invece, si sostiene che un range dal 10 al 20%, specialmente se la maggior parte delle proteine proviene da fonti animali, è correlato a un’ampia serie di problemi di salute.
UN RAPPORTO MOLTO EDULCORATO
L'OMS e la FAO raccomandavano il limite del 10% per gli zuccheri aggiunti e per i dolciumi, ma l'industrie americane dello zucchero chiedevano un limite del 25% e minacciavano pubblicamente di chiedere al governo statunitense la riduzione del contributo di 406 milioni di dollari all'OMS. Il risultato finale è stato che il limite fosse del 25% per gli Stati Uniti e il 10% per il resto del mondo.
L’INFLUENZA DELL’INDUSTRIA
L'industria sviluppa consulenze con alcune figure accademiche che godono di grande visibilità e assumono posizioni decisionali al di fuori del mondo universitario, organizzano simposi e seminari, presiedono gruppi di esperti, scelgono i componenti dei comitati e i relatori ai simposi. In sostanza "truccano il mazzo". E' un'enorme area di conflitto di interesse.
E' stato dimostrato che, oltre al presidente, anche sei degli undici componenti di una commissione avevano rapporti con l'industria casearia. Mentre i funzionari governativi non possono ricevere compensi personali dal privato, i loro colleghi accademici possono ottenere tutto il possibile.
L'autore ritiene che sarebbe inutile proibire agli universitari consulenze dall'industria perché spingerebbe solo alla clandestinità e che sarebbe meglio rendere pubblici tali rapporti, senza bisogno di ricorrere ai tribunali.
UN REGRESSO DI ANNI
Non si deve pensare che questo rapporto della Commissione cibo e nutrizione (FNB) vada a finire in qualche polveroso archivio di Washington.
In realtà le raccomandazioni di tale commissione sono:
· di base per l’etichettatura degli alimenti, per la Piramide alimentare, per altri programmi educativi per determinare le quantità e i tipi di alimenti.
· forniti dal programma di alimentazione supplementare WIC e da programmi alimentari per l’infanzia,
· serviti negli ospedali e nelle case di cura e rimborsati dal servizio sanitario nazionale,
· presenti nell’offerta alimentare da arricchire con sostanze nutritive specifiche,
· utilizzati in una serie di altri programmi e attività federali, come quelli che stabiliscono i valori riferimento nelle etichette dei prodotti alimentari.
Il rapporto della FNB del 2002 rappresenta la dichiarazione di politica nutrizionale più retrograda mai vista dall’autore e promuoverà direttamente o indirettamente la malattia fra gli americani per molti anni a venire.
NUTRIZIONE NON SOVVENZIONATA
Gli Istituti nazionali per la salute (NIH) sono responsabili del finanziamento di almeno l’80-90% di tutta la ricerca biomedica e nutrizionale pubblicata nella letteratura scientifica.
Sono stati costituiti 27 istituti e centri separati, ma nessuno di essi è dedicato alla nutrizione malgrado la centrale importanza di questa branca per la salute. Si suppone che gli altri istituti se ne occupino già, ma ciò non avviene.
Infatti, il budget per la prevenzione e la nutrizione sarà destinato alla ricerca di farmaci e integratori alimentari, come ha previsto il Direttore dell’istituto nazionale dei tumori che per l’educazione alimentare – consistente nel raccomandare cinque dosi di verdura e frutta al giorno - del pubblico spende 2,56 dollari per ogni 10.000 del budget.
Lo stesso istituto nazionale dei tumori scrive che “la maggior parte delle nostre attuali terapie produce inevitabilmente una certa quantità di effetti avversi.”
Eppure non ci sono pericoli nel consumare una dieta sana e i benefici sono molto più numerosi e comprendono grandi risparmi sia sul fronte della prevenzione che sul fronte della terapia.
RACCONTI (E TORNACONTI) PERSONALI
Antonia Demas, una dottoranda dell’Autore, aveva proposto un programma su nutrizione e sana alimentazione ai bambini delle scuole elementari. I bambini erano entusiasti di scegliere alimenti sani sfilando davanti al buffet della mensa e poi convincevano anche i genitori ad alimentarsi in modo sano anche a casa, ma c’era un problema: il cibo era completamente vegetale.
Quando lo venne a sapere la direttrice per la politica e la promozione nutrizionale del Dipartimento dell’agricoltura (USDA), disse subito: “questo non lo possiamo permettere”. Tale direttrice era collegata con l’industria casearia.
Anche i colloqui tra Colin Campbell e il dottor Esselstyn con amici dell’ambito politico e governativo della USDA furono gentili ma non portarono a niente.
Tali dirigenti non possono candidarsi alle elezioni, ma i loro superiori sì, poiché una sentenza ha conferito molto più potere al settore delle grandi aziende.
Nel 2015 la commissione scientifica per le linee guida in materia di alimentazione consigliava dosi più elevate di verdura, frutta, cereali integrali, latticini privi o a ridotto contenuto di grassi, pesci, legumi e frutta a guscio, moderate quantità di alcol (per gli adulti), di carni rosse e lavorate, di alimenti zuccherati, bibite e cereali raffinati.
Queste raccomandazioni erano estremamente prudenti e facili da motivare, ma certamente più progressiste di quelle del governo.
Tuttavia trenta senatori repubblicani e settantuno rappresentanti repubblicani della camera rivolsero ad esse critiche analoghe dichiarandole assurde in rapporto alle linee guida nutrizionali del Comitato consultivo.
Da un’analisi sarebbe emerso che l’anno precedente avrebbero ricevuto più di un milione di dollari dall’industria alimentare e che la metà della somma proveniva dal settore della carne bovina, mentre i Rappresentanti della Camera avrebbero ricevuto più di due milioni di dollari. Le loro priorità erano evidenti.
Alla fine vennero emesse raccomandazioni vaghe.
L’Autore è giunto alla conclusione che il governo non è dalla parte della gente, ma da quella delle industrie farmaceutiche e alimentari.
CAPITOLO 17 – BIG MEDECINE: DAVVERO PROTEGGE LA NOSTRA SALUTE?
I nostri medici non ci parlano più di cosa mangiamo. Perché avviene questo? Sono quattro le ragioni: soldi, ambizione, potere, controllo.
IL DOTTOR CAVOLINI
Il dottor Esselstyn e la moglie Ann possiedono una casa modesta in cui erano vissute diverse generazioni. Parlò con Campbell di alcuni chirurghi illustri, uno di loro era diventato suo suocero. Ciò nonostante erano appassiti a causa di malattie cardiache.
Bisognava, dunque, scoprire come insegnare alla gente una vita più sana.
Facendo un intervento chirurgico per l’asportazione di cancri all’intestino o al seno sapeva di non aver modificato le possibilità di guarigione del malato.
Allora cominciò a studiare la letteratura scientifica sulle malattie che curava abitualmente, tra cui il libro The McDougall Plan su dieta e salute e la ricerca di un patologo che dimostrava che una dieta a basso contenuto di grassi e di colesterolo fa regredire l’aterosclerosi.
Pertanto, diventò un campione dell’approccio nutrizionale alla malattia escludendo carne, grassi e i cibi altamente raffinati. Alcuni esponenti dell’ambiente medico avrebbero preferito che si togliesse di mezzo e gli affibbiarono il nomignolo “dottor Cavolini”.
UN’IMPRESA SCORAGGIANTE
Il dottor Esselstyn fu estromesso dagli ambienti della medicina ufficiale.
I suoi colleghi avevano bocciato la sua teoria come troppo estrema o perché la ricerca in quel campo era poco solida o dicendo che nessuno avrebbe mangiato in quel modo.
Tuttavia Esselstyn non lo prendeva a male, pensando che quei medici magari avevano paura del sistema e che i chirurghi che avevano impiegato molto tempo a imparare gli interventi ora non volevano sentirsi dire che sarebbe bastato utilizzare i cavolini di Bruxelles o i broccoli.
FORMAZIONE CARENTE
Nel 1985 il Consiglio nazionale delle ricerche degli Stati Uniti aveva finanziato un’indagine sulla quantità e qualità dell’educazione alimentare nelle facoltà di medicina americane. Il risultato era stato che i programmi di educazione alimentare erano in larga misura inadeguati, ma già un rapporto del 1961 diceva le medesime cose.
Per di più la nutrizione viene studiata in un corso di biochimica di base, non in rapporto a problemi di salute come l’obesità, il cancro, il diabete, ecc.
Inoltre il materiale per tali corsi sulla nutrizione è fornito dalla commissione dei produttori di uova, o degli allevatori di bovini, o dei produttori caseari, ecc. Non ci si può spettare che venga promossa un’alimentazione a base di alimenti vegetali.
LA SFIDA DI MCDOUGALL
Il dottor John McDougall faceva quattro banchetti il giorno ma a 18 anni ebbe un ictus.
Quando si fu ripreso, entrò nella facoltà di medicina, si laureò col massimo dei voti e scelse di esercitare alle Hawaii, dove seguiva migliaia di pazienti.
Alcuni appartenevano alla quarta generazione di sino americani o di americani originari delle Filippine e avevano problemi di salute che erano il risultato di malattie croniche come obesità, diabete, cancro, cardiopatie e artrite.
John li curava come gli era stato insegnato con pillole e procedure standard ma ben pochi di loro recuperavano la salute.
Constatò che al contrario gli ultimi arrivati alle Hawaii seguivano le diete tradizionali del loro paese d’origine ed erano sani e snelli.
Allora decise di riprendere gli studi e fece un corso di specializzazione post-lauream, ma constatò che i medici esperti prescrivevano le stesse pillole che lui aveva già usato. Allora cominciò a consultare la letteratura scientifica e si convinse a favore di una dieta a base di alimenti integrali di origine vegetale. Gli altri medici gli dicevano che le prove scientifiche erano controverse.
Gli capitò poi di imbattersi in un paziente di 38 anni – accompagnato dalla moglie e dai loro cinque figli - che aveva avuto da poco un secondo infarto ed era disperato. John gli disse che poteva guarire ricorrendo a una dieta di vegetali integrali.
Il paziente ne fu entusiasta e tornò dal suo medico curante il quale gli rispose che non c’era nulla di vero e ne informò subito il supervisore, che due ore dopo convocò John.
Allora John stette zitto per il resto del corso. Al momento della specializzazione, il supervisore si complimentò con lui ma gli consigliò di lasciar perdere le sciocchezze sull’alimentazione, altrimenti avrebbe fatto la fame e avrebbe avuto come pazienti solo barboni e hippy.
John gli rispose che forse avrebbe fatto la fame, ma non riuscirebbe a prescrivere pillole e interventi che non funzionano. Il suo corso sulla nutrizione era consistito di una sola ora di scienza dell’alimentazione, che aveva riguardato i tipi di latte in polvere da somministrare ai neonati.
FARMACODIPENDENTI
McDougall ha capito che la professione medica ha perso credibilità perché la sua formazione e la ricerca è finanziata dall’industria farmaceutica.
Da eminenti scienziati sono rivolte molte critiche che dimostrano come questo sistema sia molto corrotto:
· le industrie farmaceutiche si ingraziano gli studenti di medicina facendo loro omaggi;
· i medici modificano le loro abitudini di prescrizione secondo le informazioni, troppo positive, che ricevono dalle industrie farmaceutiche;
· la ricerca e la medicina accademica non fanno che eseguire le direttive delle industrie farmaceutiche;
· le più prestigiose riviste scientifiche sono diventate poco più che veicoli di marketing per le industrie suddette e la loro principale fonte di reddito sono le pubblicità di farmaci contenenti affermazioni fuorvianti.
Negli ultimi anni in centri medici di primo piano ci sono stati scandali che confermano le accuse suddette.
In un caso l’integrità di una scienziata era stata diffamata in vari modi sia da una casa farmaceutica, sia dall’amministrazione universitaria da cui dipendeva, dopo che la ricercatrice aveva scoperto che un farmaco aveva forti effetti collaterali e perdeva efficacia.
I ricercatori si impegnano a firmare gli articoli preparati da scrittori fantasma e si fanno omaggiare regali costosi e viaggi in ambienti esclusivi. Le ricerche riguardano solo i farmaci, non le cause delle malattie.
Ogni anno muoiono più di centomila pazienti in seguito alla corretta assunzione di farmaci regolarmente prescritti.
LA SORTE DI MCDOUGALL
Verso il 1985 McDougall si era procurata una fama a livello nazionale e fu contattato dal St. Elena Hospital della California offrendogli un posto da direttore del suo centro di medicina preventiva. Si trattava di un ospedale degli Avventisti del settimo giorno che seguono una dieta vegetariana, anche se consumano latticini in misura maggiore della media.
Per sedici anni non aveva avuto lamentele né denunce ma riceveva solo 150-170 pazienti all’anno: non c’era crescita.
Aveva avuto piccoli scontri con gli altri medici.
Essi non gli mandavano mai i loro pazienti, semmai solo le loro mogli e i figli per una visita.
Allora McDougall capì che non volevano essere rimproverati dai pazienti di averli fatti soffrire, rischiar di morire e spendere tanti soldi.
L’ultima goccia tra McDugall e l’ospedale fu quando egli propose di utilizzare il programma di Roy Swank contro la sclerosi multipla alla direttrice del suo reparto, la quale gli rispose che quei malati erano gente difficile.
Il dottore volle parlare con la direttrice dell’ospedale la quale si rivelò altrettanto difficile e lui se ne andò capendo che era un luogo dominato dal business dei farmaci.
Allora cominciò con l’aiuto della sua famiglia a condurre un programma di “medicina collegata allo stile di vita”. Distribuisce gratuitamente una newsletter (www.drmcdougall.com)
Vanno da lui dei pazienti con l’artrite reumatoide sulla sedia a rotelle che non riuscivano nemmeno a girare la chiave dell’accensione della macchina. Dopo tre o quattro settimane tornano da lui a piedi, gli stringono forte la mano, ma se costoro lo raccontano al loro medico, egli risponde: “Fantastico, continua così.” ma non chiede come hanno fatto a guarire e se essi tentano di spiegarglielo, egli li interrompe e li accompagna frettolosamente alla porta ringraziandoli.
McDougall potrebbe mettere la sua esperienza al servizio della salute di milioni di americani, ma la medicina istituzionalizzata non richiede i suoi servizi.
UNA RICOMPENSA PER ESSELSTYN
Il dottor Esselstyn aveva lasciato l’esercizio attivo della chirurgia nel giugno del 2000 e aveva assunto la posizione di consulente di cardiologia preventiva nel reparto di chirurgia generale nella Cleveland Clinic.
Insieme alla moglie Ann scrisse una lettera al direttore del reparto di cardiologia e al direttore generale esprimendo orgoglio per la reputazione della clinica, ma anche affermando che la chirurgia non offriva la soluzione alle cardiopatie e proponendo di ricorrere agli strumenti dietetici.
In realtà, non gli bastarono i suoi precedenti presso la clinica di Cleveland per vedere accolta la sua proposta.
Tuttavia Esselstyn nutre ancora qualche speranza perché alcuni “alti papaveri” della clinica o del personale amministrativo, affetti da cardiopatie si rivolgono a lui.
Sarà per il denaro o per la minaccia intellettuale che il paziente possa saperne più del medico - che il cibo funziona più delle pillole – o l’influenza delle industrie farmaceutiche è ormai chiaro che l’industria medica non protegge la nostra salute come dovrebbe.
GLI SVILUPPI DOPO LA PRIMA EDIZIONE – THOMAS M. CAMPBELL, M. D.
Il dottor Thomas Campbell riferisce che nelle scuole di medicina si insegnano solo 20 ore sulla nutrizione ed erano impiegate per la maggior parte concentrate sulla biochimica sul metabolismo e ignoravano pressoché completamente l’alimentazione per la prevenzione e cura delle malattie più comuni.
Vigono regole severe tra i medici e le industrie farmaceutiche ma queste continuano ad avere un ruolo importante nella ricerca medica e questo perpetua lo status quo.
Un numero impressionante di persone soffre terribilmente per una nutrizione inadeguata.
C’è qualche piccola speranza, perché ogni anno centinaia di professionisti seguono corsi sull’alimentazione a base vegetale e alcuni ospedali hanno introdotto la dieta a base vegetale.
Disgraziatamente non ci sono meccanismi soddisfacenti per fare in modo che le assicurazioni paghino una cifra adeguata per la maggior parte dei pazienti consentendo loro di prendere parte a programmi di alimentazione condotti da un medico con l’esborso di una ridotta percentuale del loro costo.
CAPITOLO 18 – IL MONDO ACCADEMICO
L’Autore vorrebbe dare la colpa all’industria, ma comprende il suo scopo che è quello di realizzare prodotti e servizi che si vendano bene.
Però, molte volte esse si comportano in modo molto irresponsabile quando interpretano la scienza a favore dei loro interessi opportunistici.
Neanche i medici e gli operatori sanitari sono responsabili, poiché essi si basano sulle prove scientifiche fortemente riduzionistiche. Inoltre i medici soffrono di una mancanza pressoché totale di formazione in scienza della nutrizione in modo olistico.
I giornalisti a loro volta non hanno la competenza per giudicare l’attendibilità delle informazioni che ricevono e, d’altra parte, gli organi di stampa sono in obbligo con le aziende degli inserzionisti e di altri interessi esterni che ne determinano la sopravvivenza.
Per quanto riguarda la questione del settore governativo, l’Autore che quantunque la maggior parte del personale faccia del suo meglio per fornire al pubblico notizie attendibili, poi ne sono fatte interpretazioni soggettive, soprattutto da parte delle aziende interessate esterne.
Tuttavia la responsabilità maggiore è del mondo accademico che ha il compito di creare conoscenze e di stabilirne la validità.
Occorre, però, che al suo interno sia assicurata ai suoi professionisti la libertà necessaria per espletare la sua funzione e poi sia garantito che queste idee vengano esposte all’esame pubblico e professionale. Disgraziatamente il mondo accademico è ben lontano da questo standard.
LA SFIDA ALLA LIBERTÀ ACCADEMICA: L’ESEMPIO DELLA CORNELL UNIVERSITY
Nel 1975 l’Autore fu assunto come docente alla Cornell University al Dipartimento di Scienze della nutrizione, ma era necessario non intaccare convinzioni e pratiche ben consolidate e apprezzate.
Dal 1990 cioè dal Progetto Cina fu costituito il primo corso universitario di “alimentazione vegetariana”, che in seguito fu trasformato in un corso online e alcuni amministratori della Cornell cominciarono ad avere una curiosità sospetta che portò a impedire che il suo lavoro raggiungesse non solo il pubblico, ma nemmeno gli studenti di quell’ateneo.
Inoltre il direttore del Dipartimento di scienze della nutrizione, il dottor Curberto Garza, ricopriva la carica di vicepresidente della potente multinazionale di prodotti alimentari e caseari Gruppo Danone.
Durante la sua permanenza in carica, Garza e il suo comitato furono citati con successo in giudizio per aver occultato il loro conflitto di interesse con l’industria casearia.
Il corso di alimentazione vegetariana fu cancellato e non fu ripristinato neanche dopo che varie migliaia di studenti avessero firmato una petizione per la sua reintroduzione e non fu nemmeno permesso di trasferire il credito dalla Cornell ad altre università.
La disponibilità di un’aula per una serie di conferenze fu annullata, nonostante che poi fosse rimasta libera per tutto il tempo.
Anzi fu dato ordine di non dedicare più nemmeno una riga all’Autore, sicché non furono più inviate comunicazione dei suoi lavori ai media.
In seguito dovette mettere on line il corso sull’alimentazione.
LA CONTINUA EROSIONE DELLA LIBERTÀ ACCADEMICA
Altri fatti:
i ricercatori erano assunti sempre più con contratto a termine, così da poterli licenziare in ogni momento, tanto che mentre nel 1980 il 68% degli accademici avevano un incarico permanente, oggi tale percentuale è scesa al 32%.</.p>
Inoltre, nel 1965 il settore privato finanziava meno del 40% della ricerca scientifica e dello sviluppo, nel 2006 la medesima quota è salita al 65%, pertanto i burocrati sono sempre più in obbligo verso le aziende private.
E la commissione dei produttori di uova aveva chiesto, invano, il licenziamento dell’Autore.
Oggi sono le persone che si vendono al miglior offerente a entrare sempre più numerose nel mondo accademico e a ottenere la maggiore visibilità sui media.
GLI IDEALI DEL MONDO ACCADEMICO
Il Consiglio di amministrazione dell’Associazione dei college e delle università americane fornisce le seguenti linee guida in tema di condotta e libertà accademica:
• gli studenti hanno il diritto di ascoltare e di esaminare diverse opinioni;
• agli studiosi spetta la libertà di perseguire le proprie idee, dovunque esse portino, senza limitazioni politiche, religiose o di altro genere;
• l’istituzione accademica garantisce che nessuna proposta resti senza alternative o si arroghi la pretesa di essere depositaria della verità;
• la libertà accademica è tutelata dalla società, affinché docenti e studenti ne possano fare uso per promuovere il bene comune.
Disgraziatamente questi nobili ideali sono solo favole irreali quando le istituzioni sono legate agli sponsor aziendali da un debito di riconoscenza.
Molti non si rendono conto delle restrizioni perché lavorano all’interno dei grandi paradigmi e delle pratiche imperanti.
Inoltre, la continua ricerca di fonti esterne per i finanziamenti impedisce di allontanarsi troppo dai parametri convenzionali. Questo sistema favorisce lo status quo.
L’Autore ha sempre ricercato finanziamenti pubblici perché non voleva fondi di organizzazioni a scopo di lucro con fini opportunistici, quantunque ciò abbia reso più arduo del previsto il suo impegno nella ricerca, ma nel nome e nella ricerca di verità da parte dei giovani e di altri anonimi colleghi intende continuare con tenacia ciò che si è proposto.
CAPITOLO 19 – STORIE CHE SI RIPETONO
Già il dottor Macilwain circa 150- amni fa aveva avanzato la tesi che il cancro fosse dovuto al crollo di molteplici sistemi in tutto l’organismo, una malattia del sistema, non il risultato di un organo, una cellula o di una reazione che hanno smesso di funzionare correttamente.
La teoria corrente era che il cancro fosse causato da un agente esterno che agisce in un punto specifico del corpo.
Macilwain era un antenato di Colin Campbell.
I migliori atleti delle olimpiadi greche dovevano seguire un’alimentazione a base vegetale.
I filosofi come Socrate e Seneca capivano che sarebbe occorso molto terreno in più per produrre la carne anziché accontentarci dei vegetali e che ciò avrebbe scatenato violenza e causato malattie.
Oggi siamo arrivati al punto che le industrie farmaceutiche che prosperano con le nostre malattie ci dicono come mantenerci in salute e le industrie alimentari che traggono profitto dalle nostre scelte nell’alimentazione ci dicono che cosa dobbiamo mangiare.
Mai come oggi abbiamo intaccato l’ambiente naturale senza sapere quali possano esserne le conseguenze.
Tuttavia c’è ancora qualche speranza: la gente sta cominciando a capire la letteratura scientifica e a cambiare in meglio la propria vita.
POSTFAZIONE
(per la seconda edizione rivista e aggiornata)
Non esiste un termine più abusato di “nutrizione”.
Secondo l’Autore si tratta dell’espressione biologica degli alimenti atti a favorire la salute. La malnutrizione è il contrario.
Tuttavia non basta studiare i singoli nutrienti isolati, ma quando lavorano in concerto negli alimenti.
Ad esempio il betacarotene degli alimenti contrasta il tumore al polmone. Invece, da solo lo favorisce.
Così avviene anche per tante altre sostanze nutritive.
Disgraziatamente l’oligarchia - costituita da industria, governo, mondo accademico, prassi medica e istituzioni mediatiche – compie continui tentativi di precludere fattivamente la conoscenza di ciò che giova alla salute.
E quando l’Autore parla dell’utilità degli alimenti vegetali integrali gli viene risposto che non ci sono sufficienti dati di ricerca.
Il fatto di non aver condotto studi sul problema della nutrizione è di enorme importanza, poiché esso è il nodo centrale del dibattito sul degrado ambientale, dei costi dell’assistenza sanitaria, della salute individuale e delle molte questioni collegate.
Quantunque si siano fatti dei passi avanti, la diffusione delle idee circa l’efficacia degli alimenti vegetali integrali trova l’oligarchia sorda ed ostile.
L’Autore:
• agli scienziati che mettono in dubbio l’efficacia della dieta di alimenti vegetali integrali raccomanda di organizzare ricerche per confutarla.
• Alle istituzioni, come i NIH, che finanziano la ricerca suggerisce dei progetti di olismo nella sua applicazione a un’ampia serie di effetti sulla salute,
• Al governo raccomanda di desistere dall’approvare l’assurda pubblicità dei farmaci sulle reti televisive pubbliche o almeno di riservare pari tempo al dibattito sull’alimentazione per la salute.
Appendice A - Domande e risposte: effetto delle proteine negli studi sperimentali sui ratti
Non sarà che sono i carboidrati a impedire la crescita dei foci?
No, i carboidrati che sostituiscono le proteine quando si riducono queste ultime dal 20 al 5% non possono avere essi il merito della riduzione dei foci, poiché usandoli da soli li aumentano.
Non potrebbe essere la diminuzione delle calorie complessive consumate ad avere il merito del mancato aumento dei foci?
No, nella riduzione di proteine ingerite, gli animali consumano più calorie.
Qual era lo stato di salute dei ratti alimentati con una dieta a basso contenuto proteico?
Essi vivevano più a lungo degli altri, all’età di cento settimane erano fisicamente più attivi e conservavano il manto lucido, mentre gli altri erano morti tutti.
L’attività fisica era collegata con la dieta a basso contenuto proteico?
Sì, l’attività fisica era il doppio e misurata con un contagiri delle ruote messe dentro le gabbie. Infatti, chi mangia molte proteine come nella dieta di Atkins, si sente svogliato e sonnolento.
Appendice B - Modello sperimentale del China Study
Sono state scelte 65 contee cinesi in 24 province su 27 di ogni sorta di area.
In ogni contea si sono scelte 100 uomini e donne dai 35 ai 64 anni, di due villaggi diversi.
Ogni persona doveva fornire un campione di sangue e (la metà, anche) di urina e riferire le sue abitudini alimentari e stile di vita.
I ricercatori visitavano il 30% delle famiglie coinvolte per misurare il cibo consumato nell’arco di tre giorni. Inoltre prendevano nota delle quantità di alimenti venduti nei mercati locali per misurarne i fattori dietetici e nutrizionali. Si misuravano gli indicatori (biomarcatori) dell’assunzione delle sostanze nutritive, ciò è ben più preciso che domandare ai soggetti che cosa avevano mangiato.
Poi si fecero per ogni villaggio due campioni di sangue (uno per sesso) mettendo insieme i campioni singoli (ciò consentiva di avere molti più indicatori di dieta e salute).
Le analisi furono poi eseguite dai migliori laboratori del mondo.
QUAL E’ LA VALIDITA’ DI QUESTO STUDIO?
Avevano voluto che quest’analisi fosse la migliore mai eseguita nel mondo. Il New York Times la definì “il Grand Prix” degli studi epidemiologici.
COMPLETEZZA DEI DATI
Dopo aver raccolto, catalogato, conservato e analizzato tutti i campioni di sangue, urina e cibo e valutato i risultati finali in base alla qualità (alcuni esiti sospetti non furono inclusi nella pubblicazione) si fu in grado di studiare 367 variabili in grado di rappresentare la dieta, lo stile di vita e le patologie.
Tal variabili comprendevano:
• I tassi di mortalità riguardanti 48 differenti tipi di patologie;
• 100 indicatori nutrizionali;
• oltre 24 fattori urinari;
• più di 36 misurazioni degli apporti specifici di cibo;
• 60 fattori collegati a dieta e stili di vita;
• 17 fattori geografici e climatici.
Ciò consentiva di individuare correlazioni tra variabili fino ad allora inesplorate.
QUALITA’ DEI DATI
• Gli adulti selezionati erano quelli compresi tra i 35 e i 64 anni poiché è la fascia di età in cui le malattie oggetto di indagine sono le più comuni. I certificati di morte oltre i 64 anni non erano presi in considerazione perché meno attendibili.
• Quando i due villaggi della medesima contea erano più simili tra loro rispetto alle altre contee, ciò significava che i dati erano di qualità superiore.
• La misurazione delle variabili avveniva con più metodi e si prendevano i dati più affidabili.
• Le popolazioni soggette all’indagine si erano dimostrate moto stabili per il 93-94% degli uomini e l’89% delle donne.
UNICITA’ DEI DATI
È stato dottato il modello ecologico poiché la nutrizione provoca e previene le malattie mediante l’azione combinata di molteplici sostanze nutritive e di altri fattori determinanti per la comparsa delle malattie.
In nessun altro studio si sono esaminati i dati della Cina rurale che consuma solo il 9-10% di proteine di cui solo 10% deriva dagli alimenti di origine animale. Non vale fare il confronto della dieta americana con quella dei vegetariani, il 90% dei quali continua a consumare grandi quantità di latte, formaggio e uova e una percentuale consistente anche di pesce e pollame.
LA REALIZZAZIONE DELL’IMPRESA
Tutto ciò fu possibile grazie alle doti eccezionali del dottor Junshi Chen. I luoghi delle rilevazioni erano molto lontani, le istruzioni dovevano essere recapitate e standardizzate in tutti i luoghi di rilevamento. Si prepararono a Pechino gruppi di operatori sanitari che dovevano poi recarsi nei vari luoghi a raccogliere i campioni di sangue e di urine e completare i questionari.
Il costo complessivo della ricerca fu di 8,5 milioni di dollari, di cui 5,6 pagati dalla Cina. Se questo studio fosse stato eseguito negli USA sarebbe costato almeno 10 volte di più.
Appendice C – La “vitamina” D e la sua rete
Cone uno stormo di uccelli è in grado di cambiare direzione in una frazione di secondo senza urtarsi l’uno con l’altro, così avviene tra le migliaia di reazioni biochimiche dell’organismo umano. Un esempio di questa enorme rete di reazioni dell’organismo è l’effetto della vitamina D e dei suoi metaboliti su un gran numero di malattie.
Possiamo ottenere la vitamina D esponendoci sufficientemente alla luce del sole.
Poi essa viene trasformata per mezzo di un enzima epatico in un metabolita che si conserva nel fegato e nel grasso corporeo. Se viene trasportata nel rene, tramite un enzima renale, viene trasformata in una vitamina D superattiva chiamata 1,25 D. è importante avere una riserva di vitamina D, ma altrettanto importante che essa venga trasformata in 1,25 D quando occorre e nella giusta misura.
Per formare una soddisfacente dose di vitamina D è sufficiente stare al sole tre volte la settimana per un terzo del tempo che è sufficiente per provocare un leggero arrossamento della pelle.
Però più aumenta la latitudine e più è facilmente carente la vitamina D e allora può essere necessario ricavarla dal cibo ad esempio consumando parecchio pesce, come si fa in Giappone o nelle zone costiere della Norvegia.
SABOTAGGIO DEL SISTEMA
Quando i livelli di 1,25 D sono costantemente bassi, aumenta il rischio di varie malattie.
Sono gli alimenti di origine animale a produrre un calo di produzione perché creano nel sangue un ambiente acido che impedisce all’enzima renale di sintetizzare l’1,25 D.
Un altro fattore che influisce su tale processo è il calcio. Esso è fondamentale per un funzionamento ottimale di muscoli e nervi, ma non deve superare una quantità alquanto limitata, oltre al quale l’enzima diventa meno attivo, così si assorbe meno calcio e se ne espelle di più.
Pertanto, non è opportuno assorbire regolarmente elevate dosi di calcio.
Così il consumo di latte vaccino che è ricco di proteine e di calcio è un fattore altrettanto responsabile della SM quanto la latitudine.
L’aumento di apporto di proteine animali influisce anche sulla produzione del fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) che favorisce la crescita di cellule cancerose.
Quando i livelli di 1,25 D sono bassi, l’IGF-1 diventa immediatamente più attivo e, insieme, questi fattori incrementano la formazione di nuove cellule e impediscono l’eliminazione di quelle vecchie, due fenomeni che favoriscono lo sviluppo del cancro.
Questi sono solo alcuni dei fattori e degli eventi associati alla rete della vitamina D.
Se si mangiano i cibi sbagliati è possibile che insorgano parecchie malattie.
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